MotoGP di Thailandia alla grande per Marc Marquez, assoluto dominatore a Buriram. L&#39;otto volte iridato ha giocato coi rivali, firmando Pole Position, Sprint e Gran Premio. Una tripletta da voto massimo a nostro modo di vedere, con tanto di lode.&nbsp;  Marc Marquez ha fatto una cosa mancata invece a Valentino Rossi    MotoGP di Buriram: Marquez &quot;regista&quot; della MotoGP  Marc Marquez - Voto 10 e Lode  Toro Rosso merita la lode, perch&eacute; bravo nel gestire una pressione sovraumana: tutta la carriera gli era sulle spalle, lui ci ha messo attributi e il talento mai smarrito. Meglio non poteva cominciare. per un pilota che non ha semplicemente vinto, ha addirittura &quot;diretto&quot; il weekend di Buriram. REGISTA  Alex Marquez - Voto 9&nbsp;  E&rsquo; servito a Marc e si &egrave; servito di Marc: Alex si &egrave; interposto tra il fratello e Bagnaia, copiando le linee del fratello stesso e disturbando quelle di Pecco. Abbiamo un terzo incomodo mondiale, comodo al 93. Se questa utilit&agrave; di famiglia continuasse sino alla fine, potrebbero rivelarsi inutili i tentativi di riaggancio altrui. UTILE  Ai Ogura -&nbsp; Voto 8,5&nbsp;  Ci si chiede come faccia a voltare cos&igrave; stretto con la Aprilia RS-GP, moto &ldquo;lunga&rdquo; e difficile da capire per gli esperti, figuriamoci per un rookie quale il nipponico &egrave;. Curva come Tetsuya Harada, giurano: traiettorie minimal, massima resa e debutto pi&ugrave; che ottimo in Thailandia. MINIMAL    Continua l&#39;articolo nella prossima pagina  &nbsp;  GP Thai: chi ha visto Alex Rins?  Pedro Acosta - Voto 4&nbsp;  Ammette di dover guidare la KTM con messe e modalit&agrave; riviste, si adatta un po&#39;, martella e sbaglia. Sostiene di aver messo da parte foga e istinto, ma ripete gli errori dello scorso anno, solo che nel 2024 era rookie, ora Uomo della Casa austriaca. RIPETITIVO  Miguel Oliveira - Voto 5&nbsp;  Troppe domande si sta ponendo il portoghese: cambiare da Aprilia a Yamaha &egrave; come fare uno sport diverso, ma se lo paragoniamo a Jack Miller, Miguel sembra un debuttante. E l&#39;australiano &egrave; passato da KTM a Yamaha, forse peggio ancora, in quanto a cambiamenti. DUBBIOSO  Alex Rins&nbsp; - Voto 4&nbsp;&nbsp;  Gomme, temperature, aderenza, accelerazione, velocit&agrave;, frenata, ingresso curva, percorrenza, uscita, resistenza. Al catalano &egrave; mancato quasi tutto, ma lui non &egrave; mancato alle parti nobili di classifica - nel senso che ormai -&nbsp; da cui &egrave; assente da inizio 2023. ASSENTE 

Voto massimo per Marc, dominatore in lungo e in largo. Fratello Alex utile, Acosta e Rins bocciati

Pagelle Buriram MotoGP 2025: Marquez 10 e lode

        Febbraio &egrave; il mese dei compleanni importanti, di quelli che contano davvero. Dopo i 38 del 6 volte iridato SBK Jonathan Rea, oggi &egrave; il turno di una Leggenda del Motomondiale, ovvero Valentino Rossi. Il 9 volte iridato di Tavullia, infatti, spegne oggi 46 candeline. 46 come il suo iconico numero di gara, ritirato per sempre dal Motomondiale e che si &egrave; portato con s&eacute; nella nuova avventura tra le auto iniziata dopo il ritiro dalla MotoGP a fine 2021.  I numeri della Leggenda di Tavullia  La carriera infinita di Valentino Rossi (nonostante i suoi 46 anni &egrave; ancora un pilota a tempo pieno dopo il ritiro dalla MotoGP nel 2021) &egrave; difficile da riassumere in poche righe. E i numeri non rendono giustizia a quanto fatto nel Motomondiale dal Fenomeno di Tavullia: 432 gare, 115 vittorie, 65 pole positions e 235 podi. Nelle classi 125, 250 e 500 ha sempre vinto il titolo al secondo anno di permanenza nella categoria. Debutta nel 1996 in 125 e vince gi&agrave; la sua prima gara a Brno ad agosto, nel 1997 vince il titolo battendo Noboru Ueda. Passa in 250 nel 1998 nel maxi-team Aprilia con Capirossi ed Harada, vince 5 gare e chiude alle spalle dell&rsquo;iridato Capirossi in quel finale polemico con lo scontro tra Capirossi ed Harada. Nel 1999 centra il titolo della &ldquo;Quarto di litro&rdquo; con 9 successi davanti a quello che sar&agrave; poi suo compagno in MotoGP, Tohru Ukawa. Sigla un contratto con Honda per il passaggio in 500 nel 2000: vince 2 gare e chiude secondo alle spalle di Kenny Roberts JR. Nel 2001 batte Biaggi e vince l&rsquo;ultimo titolo della 500 prima della trasformazione in MotoGP. Nella classe MotoGP vince i primi 4 mondiali consecutivi, due con la Honda RC211V a 5 cilindri e due con la Yamaha M1. Nel 2006 e 2007 deve arrendersi prima al compianto Hayden e poi allo strapotere di Stoner con la Ducati mentre nel 2008 e 2009 torna sul tetto del Motomondiale battendo prima Stoner e poi Lorenzo con la stessa M1. Dal 1996 fino al GP del Mugello 2010 non salta nemmeno una gara. Nel 2010 chiude alle spalle di Lorenzo e Pedrosa dopo aver saltato delle gare per l&rsquo;infortunio del Mugello, il biennio Ducati 2011-2012 &egrave; avaro di successi ma porta con s&eacute; purtroppo l&rsquo;incidente di Sepang 2011 con la Morte del suo amico Simoncelli. Dal 2013 al 2021 torna in Yamaha: vince qualche gara, risulta ancora competitivo chiudendo in top 5 iridata fino al 2017, dal 2018 al 2021 &egrave; un lungo &ldquo;declino&rdquo; che porta alla decisione in Austria 2021 di chiudere la carriera a Valencia dello stesso anno. L&rsquo;extra MotoGP: 8h di Suzuka, VR46 Academy, VR46 Racing Team, i test con la F1  Nel corso della sua lunga carriera da pilota moto, Valentino ha sperimentato anche la Gara delle gare, ovvero la 8h di Suzuka del Mondiale Endurance, una gara sacra per i costruttori giapponesi. Nelle sue due uscite nel 2000 e 2001, Rossi ha collezionato un ritiro e una vittoria nel 2001. Alle attivit&agrave; &ldquo;extra MotoGP&rdquo; si unisce anche la creazione della VR46 Academy, una scuola per giovani piloti italiani che ha base nel suo Ranch di Tavullia e dalla quale sono usciti gli attuali piloti MotoGP Marini, Morbidelli, Bagnaia, Bezzecchi giusto per citarne alcuni. Legato all&rsquo;Academy era ed &egrave; tutt&rsquo;ora il VR46 Racing Team: dapprima in Moto3, poi Moto2 fino al 2020 ed ora in MotoGP. Valentino ha avuto modo di provare anche le Formula 1 mentre era pilota MotoGP: la Ferrari tra il 2004 ed il 2008 e nel 2019 a Valencia la Mercedes del 2017 nel famoso scambio con Hamilton. Nel 2025 la sfida pi&ugrave; grande: il titolo in auto  Dopo aver ottenuto dei buoni piazzamenti a podio (Imola e Fuji 2024 nel WEC) e un paio di vittorie nel Fanatec GT World Challenge Europe (Misano nel 2023 e 2024) e Le Mans Cup nel 2023, per Valentino Rossi &egrave; giunto il momento di puntare al bersaglio grosso, ovvero il titolo. Nel 2025 correr&agrave; ancora con BMW WRT sia nel GT World Challenge Europe che nel WEC categoria LMGT3 per iscrivere il suo nome nella lista di chi ha vinto il titolo sia in moto che in auto.       

Il 9 volte iridato, proprietario del Pertamina Enduro VR46 Racing Team in MotoGP taglia un traguardo importante in questo 2025

I 46 del 46: Buon compleanno Valentino!

        Passione, coraggio e fiuto per le occasioni. La storia del Team Pramac in MotoGP si basa su questi tre elementi fondamentali, ma parlare di storia &egrave; probabilmente riduttivo: quella della squadra toscana e del suo proprietario Paolo Campinoti &egrave; pi&ugrave; una favola, specialmente dopo il lieto fine di Barcellona che ha posto Pramac sul tetto del Mondo. In un 2025 in cui le squadre ufficiali di Ducati e Aprilia partiranno con i favori del pronostico, per i mezzi a disposizione e per i piloti, formalmente il team da battere sar&agrave; proprio Prima Pramac, e non soltanto per il titolo piloti ottenuto con Jorge Martin. Nell&rsquo;ultimo biennio, infatti, nessuna squadra ha ottenuto i risultati di Pramac, vincitrice del titolo a squadre nel 2023 e autrice di una doppietta &ndash; titolo team indipendente e Mondiale piloti &ndash; nella stagione da poco conclusa. Uno status che la squadra difender&agrave; con un nuovo costruttore, la Yamaha, e un nuovo doppio impegno (con lo sbarco in Moto2 schierando Tony Arbolino e Izan Guevara) dopo il ventennio con la Ducati.  MotoGP, Sterlacchini: "Martin e Bezzecchi sono un'opportunit&agrave; per Aprilia" La scalata del team Pramac  &Egrave; un Everest, quello scalato da Paolo Campinoti e dalla sua creatura. L&rsquo;imprenditore, senese doc, &egrave; stato capace di unire le abilit&agrave; comunicative a quelle imprenditoriali: sono rari i momenti in cui il sorriso non campeggia sul suo volto all&rsquo;interno del paddock, ma dietro un fare istrionico si nascondono talento e fiuto nel business. L&rsquo;azienda Pramac &ndash; nata nel 1966 nella Val d&rsquo;Elsa grazie al padre di Paolo, Mario Campinoti &ndash; &egrave; oggi tra i leader mondiali nella produzione di generatori di corrente, e la crescita di tale attivit&agrave; &egrave; andata di pari passo con la struttura MotoGP. L&rsquo;avventura nelle due ruote &egrave; iniziata nel 2002, in concomitanza con l&rsquo;inizio della top class a quattro tempi: in quella stagione Campinoti si present&ograve; ai nastri di partenza con una Honda e il giapponese Tetsuya Harada, ma il primo lampo di genio arriv&ograve; l&rsquo;anno successivo, con l&rsquo;arrivo di Makoto Tamada ma soprattutto con la scelta di passare alle rampanti Bridgestone, che colsero il primo podio nella categoria proprio con Tamada e Pramac. Il fiuto per le occasioni port&ograve; Campinoti a unire le forze con la Ducati a partire dal 2005, &ldquo;sfruttando&rdquo; le difficolt&agrave; del Team D&rsquo;Antin per operare una fusione e iniziare la propria cavalcata. Una cavalcata lunga, fatta anche di stagioni complicate, ma che ha reso la struttura sempre pi&ugrave; appetibile agli occhi di sponsor &ndash; anche importanti come Alice, e dunque Telecom, nel 2008 e Prima Assicurazioni oggi &ndash; ma soprattutto della Ducati, che ha reso Pramac il proprio vivaio, proprio negli anni dell&rsquo;avvento di Gigi Dall&rsquo;Igna, che ha ridisegnato il reparto corse bolognese. Andrea Iannone, Danilo Petrucci, Jack Miller e soprattutto Pecco Bagnaia &ndash; tutti passati tra le mani di Francesco Guidotti, team manager della squadra per nove anni &ndash; hanno rappresentato la collaborazione tra Pramac e Ducati, anche se a conquistare il Mondo con la formazione toscana &egrave; stato Jorge Martin, colui che il team rosso non ha voluto. &ldquo;Dopo il no incassato dalla Ducati nel 2022, Jorge mi ha detto &lsquo;capo, faremo la storia&rsquo;&rdquo; ha raccontato Campinoti a Barcellona, e mai una profezia fu pi&ugrave; vera, dato soltanto Pramac ha battuto le squadre ufficiali nell&rsquo;era MotoGP. L&rsquo;ultimo titolo &ldquo;non factory&rdquo; risaliva all&rsquo;epilogo della 500, nientemeno che con Valentino Rossi sulla Honda del Team Nastro Azzurro.  Pramac: dopo Ducati, il futuro &egrave; la Yamaha  Il presente del Team Pramac &egrave; ben diverso dal sogno iniziato da Campinoti nel 2002, poich&eacute; si tratta di una macchina ben oliata e pressoch&eacute; perfetta, a capo della quale vi sono Campinoti e Gino Borsoi, il team manager determinante per l&rsquo;ultimo e decisivo cambio di marcia. Cresciuto sotto l&rsquo;ala di Jorge Martinez, Borsoi ha sostituito egregiamente Guidotti, portando idee e nuova linfa. Un altro jolly fondamentale &egrave; Fonsi Nieto, formalmente &ldquo;Responsabile della Performance dei piloti&rdquo; ma in realt&agrave; molto di pi&ugrave;, con intorno un gruppo italo&ndash;spagnolo giovane e frizzante. &ldquo;Negli ultimi mesi per tanti dei ragazzi vincere il titolo era diventata l&rsquo;unica ragione di vita&rdquo; ci ha raccontato con la sua consueta dolcezza Lucia Gabani, l&rsquo;addetta stampa (che ha spesso fatto anche da &ldquo;ombrellina&rdquo; per Martin) che al suo primo anno nel team ha centrato il bersaglio grosso. &ldquo;E sono davvero felice per tutti loro&rdquo;. E ora che tutto appare fatto e facile, lo spirito imprenditoriale &ndash; nonch&eacute; l&rsquo;amore per le sfide &ndash; di Campinoti &egrave; riemerso, con il passaggio in Yamaha, un nuovo pilota (Miguel Oliveira) e un gradito ritorno (Miller), a segnare l&rsquo;inizio del terzo capitolo della storia di Pramac in MotoGP. Una storia fatta di competenza e umanit&agrave;, seriet&agrave; e capacit&agrave; di sdrammatizzare, ingredienti che hanno permesso a un grande sogno di diventare realt&agrave;. Dal motore a carburatori al futuro V4: com&rsquo;&egrave; cambiata la Yamaha?       

La storia di Pramac, fatta di competenza e umanit&agrave;, &egrave; nel sogno del visionario Campinoti, capace di trasformare la propria creatura in una macchina perfetta

MotoGP: Pramac e Ducati, un binomio a lieto fine

        Pramac Racing, oltre ad essere la squadra satellite di Ducati, &egrave; una delle squadre pi&ugrave; longeve nel paddock del Motomondiale (escludendo Honda Repsol e Yamaha) da quando esiste la MotoGP, ovvero dal 2002. Parliamo quindi di 22 anni di presenza ininterrotta nella Top Class.  L&rsquo;inizio difficile del 2002 e la partnership con Sito Pons  L&rsquo;avventura della squadra di Paolo Campinoti nel Motomondiale inizia nel 2002 con la Honda NSR500 gommata Dunlop ed il giapponese Tetsuya Harada. La stagione si rivela molto difficile, le 500 e le Dunlop soffrono le MotoGP gommate Michelin, Harada non va oltre l&rsquo;undicesima posizione finale in campionato con soli 47 punti&nbsp; L&rsquo;anno successivo Pramac sceglie ancora Giappone per la nuova stagione affidandosi a Makoto Tamada ed alla RCV211. Il giapponese ripaga il team con un grande terzo posto in Brasile e chiudendo la stagione al nono posto con 87 punti. Nello stesso anno ed anche nel 2004, Pramac supporta il team Pons. E proprio nel 2004 Tamada passer&agrave; al Pons Racing sviluppando le gomme Bridgestone e vincendo sia ad Assen che in Brasile.&nbsp; La fusione con D&rsquo;Antin e l&rsquo;inizio della storia con Ducati  Nel 2005 il team Pramac ed il team D&rsquo;Antin si fondono creando il team Pramac D&rsquo;Antin e prendendo in gestione le Ducati Desmosedici del 2004. La stagione non &egrave; delle pi&ugrave; rosee, con soli 25 punti raccolti da Rolfo durante tutto l&rsquo;anno per una decima posizione finale. Nel 2006 Hofmann, Cardoso e Ivan Silva raccolgono solamente 33 punti per una undicesima posizione a fine stagione. Nel 2007 Barros e Hofmann portano 181 punti per una sesta posizione finale, con il brasiliano che regala alla squadra un grande podio al Mugello davanti alla Ducati ufficiale di Casey Stoner. Nel 2008 arrivano Toni Elias e Sylvain Guintoli. Lo spagnolo centra due podi, Brno e Misano, e la squadra chiude all&rsquo;ottavo posto con 159 punti.&nbsp; Da team clienti a Factory Supported Team  Il 2009 &egrave; un anno importante per il team. La denominazione diventa Pramac Racing e la sede si sposta in Italia, a Casole d&rsquo;Elsa in provincia di Siena. Debuttano Mika Kallio e Niccol&ograve; Canepa, oltre ad Aleix Espargar&ograve;. La stagione si chiude con il titolo di Rookie of the Year per il finlandese oltre alla conferma della ottava posizione finale in campionato.&nbsp; Nel 2010 Kallio ed Aleix Espargar&ograve; confermano la posizione dell&rsquo;anno prima (terzo anno consecutivo in ottava posizione) con 109 punti, uno in pi&ugrave; del 2009. Nel 2011 Pramac cambia ancora chiamando Loris Capirossi e Randy De Puniet. Capirex chiude la sua carriera a Valencia correndo con il 58 in onore di Marco Simoncelli, scomparso una settimana prima. La stagione si chiude con 92 punti e la sesta posizione in campionato. Nel 2012 la squadra taglia un traguardo importante, dieci anni in MotoGP. L&rsquo;unico pilota &egrave; Barber&agrave; che ben si comporta chiudendo all&rsquo;ottavo posto con 93 punti e 10 volte in top 10 su 18 gare. Nel 2013 arriva un riconoscimento importante per il team di Paolo Campinoti: Factory Supported Team, ovvero supportato ufficialmente da Ducati dopo questi anni di relazione con le moto di Borgo Panigale. Ducati fornir&agrave; quindi a Pramac tutto il materiale sviluppato direttamente dalla Casa. Iannone e Spies potranno lottare ad armi pari con i team ufficiali. Andrea sar&agrave; la stella della squadra mentre Spies dura solo due gare prima di subire due infortuni pesanti e saltare il resto della stagione. 121 punti ed ottavo posto finale sono il risultato di questa annata.  Da Iannone a Petrucci: 2014-2018  Nel 2014 la squadra torna ad occupare la sesta posizione finale in campionato con 155 punti, Iannone centra 11 top 10 su 18 gare ed Hernandez non sfigura nel confronto interno con il pilota di Vasto. Nel 2015 arriva lo sponsor Octo che fa cambiare il nome del team in Octo Pramac Racing, ma soprattutto arriva Danilo Petrucci al posto di Iannone passato in Ducati ufficiale. Petrux, come Iannone l&rsquo;anno precedente, centra 11 top 10 su 18 gare e soprattutto il podio a Silverstone alle spalle di Valentino Rossi. 169 punti ed ancora sesta posizione finale in campionato Il 2016 non inizia nel migliore dei modi: Petrucci si infortuna in Qatar e viene sostituito da Pirro nelle tre gare successive. Il ternano ritorna in Francia e chiude poi la stagione con 8 top 10, Redding centra il suo primo ed unico podio in MotoGP ad Assen. Pramac chiude ancora una volta al sesto posto con 161 punti.&nbsp; Nel 2017 il team Octo Pramac fa ancora meglio dell&rsquo;anno precedente: Petrucci centra 4 podi, Redding non sfigura nel confronto interno con il ternano e la stagione si chiude con 188 punti e per la prima volta la quinta posizione finale. Nel 2018 Redding viene sostituito da Jack Miller, mentre Petrucci &egrave; ancora la stella del team. Il punteggio finale cresce ancora rispetto all&rsquo;anno precedente e per la prima volta vengono superati i 200 punti, 235 per la precisione ed ancora quinta posizione finale. Da Jack Miller-Bagnaia a Martin-Morbidelli: 2019-2024  Nel 2019 debutta in MotoGP Pecco Bagnaia, firmato da Ducati nel 2018. Il leader della squadra per&ograve; &egrave; Miller, cinque i terzi posti dell&rsquo;australiano, con Bagnaia che centra tre top 10 ed il quarto posto in Australia. 219 punti e sesto posto finale in campionato&nbsp; Nella particolare stagione 2020 con le doppie gare in Europa per via della pandemia, il team Pramac mette insieme complessivamente 5 podi chiudendo al quinto posto con 183 punti. Nel 2021 Miller e Bagnaia traslocano nel team ufficiale ed in Pramac arrivano Johann Zarco ed il rookie spagnolo Jorge Martin. 8 podi complessivi con la perla della prima vittoria di Martin in Stiria. 288 punti e quarta posizione finale in campionato L&rsquo;anno successivo i podi sono ancora 8, quattro per Zarco e quattro per Martin, mentre la posizione finale rimane la stessa dell&rsquo;anno precedente, quarta ed i punti complessivi salgono, 318. A met&agrave; 2022 inoltre arriva lo sponsor Prima Assicurazioni che fa cambiare il nome del team in Prima Pramac Racing. Il 2023 &egrave; forse l&rsquo;anno pi&ugrave; clamoroso per il team Prima Pramac Racing. Arriva Gino Borsoi in qualit&agrave; di Team Manager, Zarco e Martin vanno a punti praticamente in quasi tutte le gare tra Sprint e Main Race comandando da subito la classifica team. Lo spagnolo, poi, vive la sua miglior stagione in assoluto in MotoGP con 4 successi nelle gare lunghe ed 8 vittorie di Sprint, mentre Zarco vince la prima gara in MotoGP in Australia. Prima Pramac Racing al termine del weekend di Lusail &egrave; per la prima volta campione team.&nbsp;             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da MotoGP&trade; (@motogp)      Se il 2023 per il team Prima Pramac, il 2024 lo &egrave; ancora di pi&ugrave;: nuovi colori, un Martin pi&ugrave; forte rispetto allo scorso anno e un Morbidelli ritrovato dopo un primo periodo di ambientamento dopo l'incidente nei test privati a Portimao. Lo spagnolo va a punti in quasi tutte le gare salvo alcune eccezioni come gli zeri delle gare lunghe di Jerez e Sachsenring, la Sprint del Mugello e quella dell'Indonesia, decimo al traguardo dopo la caduta nelle battute iniziali quando era davanti a Bagnaia. In mezzo anche un erroraccio strategico nella prima gara lunga di Misano quando &egrave; entrato ai box per montare le gomme rain convinto che la pioggia scendesse pi&ugrave; copiosa. Jorge ha sempre controllato il vantaggio in classifica su Bagnaia non perdendosi d'animo quando Pecco &egrave; passato in testa quelle tre volte in tutta la stagione ed ora si trova a Sepang con 17 punti di vantaggio ed il primo match point per il titolo. Titolo che sarebbe anche la chiusura di un cerchio per Pramac prima di iniziare una nuova vita con Yamaha. Il bilancio di Pramac Racing, quando mancano ancora Sepang e Valencia (o chi per essa) parla di 94 podi, 23 vittorie (14 Sprint e 9 gare lunghe), il titolo team dello scorso anno ed un (possibile) titolo piloti       

La squadra di Paolo Campinoti, dopo i team ufficiali Honda e Yamaha, &egrave; quella pi&ugrave; longeva nel panorama della Top Class

Pramac Racing: dagli inizi al titolo piloti in MotoGP con Martin

        Se a livello di costruttori il Giappone ha portato alla vittoria le sue Case pi&ugrave; blasonate, Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki guidate top rider di diverse nazionalit&agrave;, a livello di piloti, invece, al Paese del Sol Levante non &egrave; andata altrettanto bene, con solo 6 piloti in grado di fregiarsi del titolo iridato. A questi sei piloti dal weekend della Thailandia si &egrave; aggiunto anche Ai Ogura, vittorioso in Moto2 e con un titolo sfiorato in Moto3 nel 2020.  Fortune e sfortune dei piloti giapponesi  Nonostante una considerevole nidiata di piloti (la scuola giapponese ha prodotto talenti del calibro di Kato, Abe, Harada, Haga, i fratelli Aoki giusto per citarne alcuni) con alcuni purtroppo la sorte non &egrave; stata benevola, anzi. Takuma Aoki &egrave; in sedia a rotelle dal 1998 dopo un incidente a Suzuka mentre svolgeva test privati con la sua Honda NSR500, Nobuyuki Wakai, Yasutomo Nagai, Daijiro Kato e Shoya Tomizawa hanno perso la vita in pista rispettivamente nel 1993 a Jerez, nel 1995 ad Assen, nel 2003 a Suzuka (anche se &egrave; ufficialmente morto qualche settimana dopo, prima del Sudafrica) e nel 2010 a Misano. Alcuni piloti della suddetta nidiata sono diventati specialisti di una classe, chi della 125, chi della 250 e chi della 500. E&rsquo; il caso di gente del calibro di Masao Azuma, Nobby Ueda, Youichi Ui, Tomomi Manako e Kazuto Sakata per la 125, Taro Sekiguchi per la 250 e Tadahiko Taira per la 500.&nbsp; Oppure c&rsquo;&egrave; chi, non trovando fortuna nel Motomondiale, &egrave; emigrato in altri lidi trovandosi a proprio agio. Esempi? Haga, Ito, Ryo, Kyionari, Kagayama, Takumi Takahashi, tutti con un passato nel Motomondiale e fortunati nelle categorie di approdo (leggasi SBK, che sia iridata o nazionale). Chi sono gli altri iridati insieme ad Ogura?  Come abbiamo detto in precedenza, dalla nidiata giapponese sono usciti appena sei iridati prima che si aggiungesse Ai Ogura. Di questi sette piloti, due sono &ldquo;pecore nere&rdquo;, ovvero Kazuto Sakata e proprio Ai Ogura, iridati con marche italiane (Aprilia per Sakata e Boscoscuro per Ogura) mentre gli altri 5 con moto giapponesi (Yamaha per Katayama e Harada, Honda per Aoki, Kato e Aoyama). Il primo giapponese iridato della storia &egrave; tal Takazumi Katayama, classe 1951, vincitore del titolo della 350 nel 1977 con una Yamaha davanti ai compagni di marca Tom Herron e Jon Ekerold. Dato statistico, 15 Yamaha nei primi 16 posti a fine stagione, con la sola Bekker-Yamaha di Cecotto ad interrompere il monopolio.&nbsp; Per il secondo giapponese iridato bisogna aspettare 16 anni. L&rsquo;anno &egrave; il 1993 e la classe &egrave; la 250. Un 23enne di nome Tetsuya Harada, alla sua prima stagione completa nel Mondiale dopo tre wild card in Giappone nei tre anni precedenti, centra il suo primo ed unico titolo iridato battendo un quartetto italiano niente male: Capirossi, Reggiani, Biaggi e Romboni. L&rsquo;anno successivo, il 1994, il Giappone torna nuovamente sul tetto del Mondo. Questa volta nella classe 125 e con Kazuto Sakata in sella all&rsquo;Aprilia. Primo titolo per lui, davanti ai connazionali Ueda e Tsujimura, che si ripete nel 1998 davanti al connazionale Manako e a Marco Melandri.&nbsp; Il biennio 1995-1996 parla ancora giapponese grazie ad Haruchika Aoki, il pi&ugrave; giovane dei fratelli Aoki. Haruchika, infatti, &egrave; un classe 76 mentre Nobuatsu &egrave; del 74 e Takuma del 71. Haruchika vince nel 1995 davanti al connazionale Sakata e ad Alzamora, ripetendosi nel 1996 davanti ai connazionali Tokudome e Manako. Nel 2000 si affaccia sulla scena iridata un certo Daijiro Kato, coscritto del connazionale Haruchika Aoki. Dopo aver vinto da wild card le gare di casa del 1997 e 1998 della 250, nel 2000 Daiji fa il suo esordio nel Mondiale con la Honda 250 del team Gresini chiudendo terzo alle spalle del duo Yamaha Jacque-Nakano. Nel 2001 Kato sbaraglia la concorrenza vincendo 11 delle 16 gare in programma e prendendosi il primo ed unico titolo iridato in carriera.&nbsp; Da Kato in poi il vuoto totale, nessun giapponese in grado di competere per il titolo iridato n&eacute; nelle classi minori e nemmeno in MotoGP. Bisogna aspettare ben 8 anni per vedere un pilota del Sol Levante portarsi a casa il titolo. Tocca ad Hiroshi Aoyama prendersi l&rsquo;ultimo storico campionato della classe 250 prima del passaggio alla Moto2. &ldquo;Hiro&rdquo; chiude davanti a Barber&agrave; e Simoncelli con 4 vittorie contro le tre dello spagnolo e le sei del Sic. Come dopo Kato, anche dopo Aoyama un vuoto cosmico di ben 15 anni per trovare un altro atleta del Sol Levante sul gradino pi&ugrave; alto del podio a fine stagione. Ci ha pensato Ai Ogura a riportare il titolo in Giappone vincendo tre gare fino a questo momento e, come detto in precedenza, su una moto italiana (la Boscoscuro). Il giapponese ha saputo interpretare egregiamente sia la moto che le nuove gomme Pirelli facendo della costanza di risultati il suo asso nella manica per l&rsquo;assalto al titolo iridato della Moto2.             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da MotoGP&trade; (@motogp)            

Il fresco vincitore della Moto2 2024 &egrave; solo l&rsquo;ultimo di una ristretta cerchia di piloti nipponici che hanno centrato il titolo Mondiale

Ogura e i suoi fratelli: i giapponesi iridati (leggeri) nel Motomondiale

        Il doppio appuntamento di Misano ci regala un 1-1 tra Martin e Bagnaia (errore strategico dello spagnolo a Misano 1 e scivolata di Pecco ieri in gara) ed un +24 in classifica a favore dello spagnolo dopo la sanguinosa caduta di Bagnaia in gara. In tutto questo c&rsquo;&egrave; un Bastianini rivitalizzato dalla seconda vittoria stagionale (terza se si conta anche la Sprint di Silverstone) e pronto a far da arbitro del Mondiale, con un Marquez dietro che li guarda da lontano, cos&igrave; come lontana &egrave; la sua GP23 dalle tre GP24 davanti a s&eacute;.&nbsp; Il primo appuntamento del tour asiatico &egrave; in Indonesia, evento rientrato nel 2022 in calendario dopo ben 25 anni di assenza. Il tracciato non &egrave; pi&ugrave; quello di Sentul bens&igrave; quello di Mandalika. Non tutti sanno che&hellip;&nbsp; Il Gran Premio di Indonesia &egrave; entrato in calendario solamente nel lontano 1996 per restarci fino al 1997. Uscito di scena al termine di quella stagione, &egrave; stato ripristinato lo scorso anno, prima testato dalla Superbike nel 2021 e poi con la gara bagnata della MotoGP nel marzo del 2022.  Storia, caratteristiche ed incidenti a Mandalika  Come abbiamo visto in precedenza, il Gran Premio Motociclistico di Indonesia si &egrave; svolto, nelle sue due edizioni precedenti a quella del 2022, sul tracciato di Sentul, utilizzato anche dalla Superbike.&nbsp; Il tracciato di Mandalika, situato all&rsquo;interno dell&rsquo;omonimo resort che sorge nella reggenza di Lombok, &egrave; stato costruito ed inaugurato nel 2021. Lungo 4.3 km, consta di 17 curve, 6 a sinistra ed 11 a destra, la sede stradale &egrave; larga 15 metri ed il rettilineo pi&ugrave; lungo misura 723 metri. Per la MotoGP sono previsti 27 giri, 22 quelli della Moto2 e 20 per la Moto3. Incidenti L&rsquo;unico incidente degno di nota &egrave; quello di Marc Marquez nel warm up della gara. Lo spagnolo, per via di un brutto highside, viene dichiarato unfit e costretto a saltare la gara successiva in Argentina per il ripresentarsi della diplopia, problema avuto a fine 2021 con l&rsquo;incidente in allenamento prima delle gare in Portogallo e a Valencia.  I tratti caratteristici del tracciato indonesiano  La conformazione del tracciato di Mandalika &egrave; abbastanza peculiare ma piuttosto simile ad altri tracciati del Motomondiale, per certi versi assomiglia a quello di Termas in Argentina con tante accelerazioni fuori dalle curve. I punti di frenata pi&ugrave; difficili sono: curva 1, staccata secca; curva 2 in uscita dal primo allungo dopo curva 1; 3-4, sezione simile alle Rio di Misano; curva 7-8-9, una chicane molto particolare; tornantino di curva 10, staccata molto difficile; curva 16, come la penultima curva dell&rsquo;Argentina, bisogna frenare tanto per far curvare la moto al meglio.&nbsp; Di contro, i punti di sorpasso (non tantissimi) sono: curva 1; curva 2 anche se molto rischiosa la variante 2-3-4; curva 7; curva 10, staccata fuori dall&rsquo;allungo dopo curva 9; complesso 15-16-17, 15-16 la lunga destra e la 17 per l&rsquo;attacco dell&rsquo;ultimo giro Statistiche e record del Gran Premio dell&rsquo;Indonesia  Con quella di quest&rsquo;anno diventano 5 le edizioni del Gran Premio di Indonesia, cos&igrave; divise: 2 a Sentul e 3 a Mandalika. Il primo Gran Premio di Indonesia del Motomondiale risale al 1996 a Sentul: successi di Masaki Tokudome in 125 (Aprilia), Tetsuya Harada in 250 (Yamaha) e Mick Doohan in 500 (Honda) L&rsquo;edizione dello scorso anno ha visto i successi di Diogo Moreira in Moto3, Pedro Acosta in Moto2 e Pecco Bagnaia in MotoGP Per quanto riguarda la MotoGP, Pole 2023 e All Time Lap Record sono di Luca Marini in 1&rsquo;29&rdquo;978 mentre il nuovo giro record in gara &egrave; di Enea Bastianini in 1&rsquo;30&rdquo;906. Per quanto riguarda la Moto2, Pole 2023 di Aron Canet in 1&rsquo;34&rdquo;155 e All Time Record sempre di Aron Canet in 1&rsquo;33&rdquo;847, nuovo giro record in gara di Pedro Acosta in 1&rsquo;34&rdquo;420.&nbsp; Per quanto riguarda la Moto3, Pole 2023 di Diogo Moreira in 1&rsquo;39&rdquo;085, nuovo giro record in gara di Ivan Ortol&agrave; in 1&rsquo;38&rdquo;936 mentre l&rsquo;All Time Lap Record &egrave; di Jaume Masia in 1&rsquo;38&rdquo;781 Orari MotoGP Indonesia       

Ecco tutto quello che c&rsquo;&egrave; da sapere sul tracciato di Mandalika, dove nel fine settimana si svolger&agrave; il quindicesimo appuntamento del Motomondiale

Indonesia: l’analisi delle criticità per la MotoGP

        La tradizione del Sol Levante nella classe regina del Motomondiale si arricchisce di un nome nuovo. Parliamo di Ai Ogura, che dopo diversi rumors ha annunciato finalmente il suo passaggio in MotoGP nel 2025 in sella all'Aprilia del team Trackhouse. Ogura, attualmente in lizza per il titolo della Moto2 con la Boscoscuro marchiata MT Helmets - MSI, ha deciso quindi di slegarsi dal progetto Honda per tentare un'avventura tutta nuova, aggiungendo il proprio nome a una lunga lista di giapponesi che ha calcato i palcoscenici della top class.  Da Norick Abe a Nobuatsu Aoki e Tohru Ukawa, passando per Tetsuya Harada, Shinya Nakano, Daijiro Kato, Makoto Tamada, Youichi Ui, Tadayuki Okada, Yuki Takahashi, Hiroshi Aoyama, Tetsuta Nagashima fino a Takaaki Nakagami, unico giapponese attualmente in MotoGP ma sempre pi&ugrave; destinato a lasciare il posto in LCR a Somkiat Chantra. Ai Ogura, Trackhouse e il mito di Daijiro Kato  Alla vigilia dell'annuncio del passaggio in Trackhouse, Ai Ogura ha rilasciato un'intervista a Crash.net in cui ha parlato dei propri eroi del passato, e tra questi c'&egrave; inevitabilmente il gi&agrave; citato Daijiro Kato, scomparso nel 2003 dopo il terribile incidente avvenuto a Suzuka. "Quando guardavo la MotoGP, c'erano Rossi, Stoner, Lorenzo e Pedrosa, quindi per me erano un punto di riferimento &ndash; le parole del nipponico, secondo nel Mondiale Moto2 a -18 dal compagno Sergio Garcia &ndash; ma ho studiato tanto Daijiro, guardavo i suoi video. S&igrave;, lui era il numero uno per me". Ogura, che corre portando sulla tuta i numeri dei compianti Kato e Shoya Tomizawa, ha poi sottolineato: "Per me, Daijiro &egrave; il miglior pilota giapponese della storia. Quando ero bambino, lui se n'era gi&agrave; andato, ma &egrave; sempre stato il mio eroe". Adesso quel bambino cresciuto col mito del campione del mondo 2001 nella classe 250 &egrave; arrivato in MotoGP, e vuole far sognare il suo Paese.  MotoGP Orari, GP Austria 2024: programmazione Sky e TV8        

"Lui era &egrave; il mio eroe, sono cresciuto nel suo mito. Per me &egrave; il pilota giapponese pi&ugrave; forte della storia" le parole del 23enne, che nel 2025 vestir&agrave; i colori Trackhouse

Ai Ogura, in MotoGP nel nome di Daijiro Kato

        Nell&rsquo;archivio del Los Angeles Times, dal 29 aprile all&rsquo;1 maggio risultavano due articoli su &ldquo;Roberts&rdquo;, ma sugli ex giocatori di baseball Dave e Charlie. Nemmeno su USA Today e The Athletic c&rsquo;era traccia del californiano. Eppure Roberts potrebbe diventare il primo pilota a stelle e strisce a fregiarsi del titolo di campione del Mondo della Moto2. Il sogno infranto di Adam Cianciarulo | Quella (S)Volta Che Joe Roberts: i precedenti nella classe intermedia  E anche considerando la 250 sono soltanto due gli statunitensi iridati: John Kocinski nel 1990 e Freddie Spencer nel 1985, anno in cui realizz&ograve; l&rsquo;irripetibile accoppiata con la 500. In 250 l&rsquo;ultimo statunitense a prendere punti fu la meteora Steve Bonsey, 15&deg; nel GP Catalunya 2009 in sella all&rsquo;Aprilia del Milar&ndash;Juegos Lucky. All&rsquo;ultima stagione utile, visto che dal 2010 la classe intermedia divenne Moto2, il californiano interruppe un&rsquo;astinenza che durava dal lontano 1995. Gi&agrave;, perch&eacute; dal 1996 al 2008 nessuno statunitense conquist&ograve; un solo punto nella quarto di litro, anche a causa di partecipazioni sporadiche. Nel 1995 Kenny Roberts junior fu ottavo nel Mondiale in sella a una delle due Yamaha del team del padre: il compagno di squadra Tetsuya Harada fu vice campione mentre Roberts, alla prima stagione completa nel Mondiale, ottenne come miglior risultato il quarto posto al N&uuml;rburgring nella gara dominata da Max Biaggi. Nel 1994 lo stesso Roberts fu 18&deg; in campionato ma prese parte soltanto agli ultimi quattro round. L&rsquo;anno prima conquist&ograve; sei punti al debutto nel Mondiale, a Laguna Seca come wild card. Ottanta punti, invece, per Kocinski con la Suzuki sempre nel 1993, ma dopo il terzo posto di Assen fu licenziato: infuriato per il deficit di cavalli della sua RGV250, nel giro di rientro mand&ograve; fuori giri il propulsore. Cos&igrave; sostenne l&rsquo;accusa, mentre John neg&ograve; di averlo fatto volontariamente. Di opinione opposta era l&rsquo;allora capo del team, Herve Poncharal, con cui gli screzi erano all&rsquo;ordine del giorno: ai tempi non c&rsquo;era l&rsquo;elettronica che potesse confermare una delle due tesi (e che invece inchiod&ograve; Maverick Vi&ntilde;ales al Red Bull Ring nel 2021, quando venne appiedato dalla Yamaha) quindi Kocinski si trov&ograve; senza moto, anche se quella fu la sua fortuna: a Brno fu ingaggiato dalla Cagiva, con cui disput&ograve; 17 GP in 500 vincendone due e chiudendo l&rsquo;annata 1994 in terza posizione. Nel 1992 invece nessun americano corse in 250. L&rsquo;anno prima Jim Filice, che nel 1988 aveva debuttato a Laguna Seca facendo clamorosamente saltare il banco, disput&ograve; tre GP con la Honda del Team Gallina, senza punti. Scontava ancora i postumi di un terribile incidente: il van su cui era sdraiato, guidato dall&rsquo;amico John Ashmead, si schiant&ograve; contro un semirimorchio. Filice fu sottoposto a due interventi per complessive tredici ore e rest&ograve; cinque mesi a letto. Oltre a vincere il titolo nel 1990, Kocinski fu capoclassifica pure a inizio 1989. Lui, Spencer nel citato 1985 e Roberts padre a inizio 1978 erano stati i soli USA in testa al Mondiale della classe intermedia. Joe Roberts &egrave; in ristretta ma decisamente buona compagnia.  La nuova vita di Ben Spies | Quella (S)Volta Che       

Pu&ograve; diventare il primo americano campione della Moto2, superando il difficile rapporto tra yankees e classe intermedia. A eccezione di Spencer e Kocinski

Moto2, Joe Roberts può riscrivere la storia

        Ah, il sorpasso, gesto sublime dello sport che, applicato alle due ruote, &egrave; addirittura da considerarsi forma d'arte. Superare l'avversario - o gli avversari - non &egrave; affatto semplice a bordo di una motocicletta, perch&eacute; bisogna sommare la volont&agrave; dell'attaccato di resistere all'attaccante, oltre al limite di moto, gomme e pista. Uscire dai confini e ritrovarsi nelle vie di fuga &egrave; atto da evitare e, nell'elenco ivi proposto, si tiene conto del puro talento citano, indipendentemente dai titoli vinti o non vinti. Esempi di fuga solitaria quali Giacomo Agostini e Freddie Spencer, tralasciati, spiegano il senso dell'articolo. Calendario MotoGP 2024 Phil Read, il "cattivo" britannico Veniva ricorcado con epiteti e soprannomi poco lusinghieri, tuttavia - dicono - calzanti al personaggio. Phil Read passava da "filo di ferro" a "figlio di buona donna", proprio perch&eacute; quando decideva di entrare, se ne infischiava di eventuali contatti e carenate. Anzi, a dispetto del pericolo, l'inglese provava addirittura compiacimento nel sentire carene e corpi altrui picchiare contro la propria moto o, perch&eacute; no, ginocchia e braccia. Con la Yamaha il nativo del Bedfordshire faceva un po' paura, ma con la MV Agusta incuteva reale timore. Ecco il motivo per cui chi lo ha conosciuto, lo ricorda previo grosso rispetto.  Loris Capirossi, tutto o niente Puro "racer", Loris Capirossi faceva del coraggio una delle sue principali qualit&agrave;. Espressosi ad alto livello immediatamente in 125, competitivo in 250, in crescita nella 500, poi tornato in dueemmezzo, ancora nella mezzo litro, infine in MotoGP. Due o quattro tempi? No problem per&nbsp; Capirex, originario a mezzo passo da Imola, circuito dove si impara davvero a superare il nemico, ops, l'avversario. Il numero 65, iconico, ha messo in pista un cuore enorme, al pari di attributi cos&igrave;. Andando anche incontro a episodi come il contatto condiviso con Tetsuya Harada in Argentina nel 1998, uscendone con alloro di classe e ragioni del caso.  Valentino Rossi, l'attimo fuggente Da dove cominciamo con Valentino Rossi?! Jerez 2005 MotoGP, tamponamento sferrato a Sete Gibernau all'ultima curva a precedere la bandiera a scacchi?! S&igrave;, episodio rimasto in cima alle visualizzazioni per anni. Vi &egrave; piaciuto l'ingresso&nbsp; - con divagazione nella via di fuga, &egrave; giusto ricordarlo - di Laguna Seca 2008 ai danni di Casey Stoner?! Fantastico. Per&ograve;, vista da qui, in quanto a pulizia e correttezza della manovra, nulla supera (gi&agrave;) Barcellona 2009. Tornata finale del Gran Premio di Catalunya, pochi metri da completare e traguardo in vista, piega destrorsa e veloce fino al "zac", fendente improvviso, che ha lasciato il maiorchino di sale e battuto. Uno dei sorpassi pi&ugrave; belli di sempre.  Marc Marquez, il "menefreghista" Malgrado critiche, insulti e quant'altro, Marc Marquez &egrave; rimasto e rimarr&agrave;, pensiamo, s&eacute; stesso. Che vuol dire? Vuol dire che non gliene cale granch&eacute; di aver "imitato" Valentino Rossi a Jerez, ancora su Jorge Lorenzo nel tornante dedicatogli, lo stesso dove Sete Gibernau pat&igrave; il colpo.&nbsp; Chissene se anche a Laguna Seca ha fatto come il numero 46, prpprio sul numero 46. MM93 piace cos&igrave; com'&egrave;, temerario e costantemente al cento per cento. Altrimenti, non sarebbe l'asso che conosciamo. A proposito di sorpassi, micidiale le imprese in Moto2 di Phillip Island 2011, dalla casella 38 al terzo gradino del podio, Giappone 2012, da ventinovesimo a primo, Valencia dello stesso anno, dalla trentatreesima posizione alla vittoria.  John Surteess, 2 o 4 ruote? No problem Questo era bravo davvero, poich&eacute; capace di farsi largo e vincere sia nel Motomondiale che in Formula 1. Sir John Surteess, Signore &amp; Signori, vero gentleman fuori dai cordoli e tremendo tra i cordoli stessi, per sorpassi compiuti con due o quatto ruote, a prescidere. Riprendere le misure tra una tipologia di veicolo e l'altra &egrave; cosa per pochi, lui ci &egrave; riuscito bene. Il pilota britannico &egrave; inserito tra i migliori di sempre, certo in virt&ugrave; dei risultati ottenuti, al pari delle capacit&agrave; di adattamento da mezzi meccanici assai differenti e comunque condotti al limite.  Kevin Schwantz, il visionario texano Potrebbe bastare l'entrata su Wayne Rainey, e il paragrafo su Kevin Schwantz sarebbe bell'e completo. Invece no, anche se quella classe 500 edizione 1991 e l'ingresso al Motodrom di Hockenheim restino - probabilmente - la quintessenza della guida esibita dal texano, che a volte immaginava di andare lungo, per poi frenare all'ultimo istante e oltre. Staccata a una mano destra, piede del medesimo asse a pestare il posteriore, avantreno infossato, retrotreno balzellante a destra e manca. Teoricamente, una dinamice del genere si conclude con un lungo, oppure, con una curva affrontata a bassa velocit&agrave;. Macch&eacute;, la Suzuki numero 34 tenne dietro la Yamaha campione del mondo, annichilendola al traguardo.  Michael Doohan, l'essenziale Preferiva inscenare la fuga ma, quando era necessario, sapeva superare deciso. Michael Doohan ha compiuto pochi sorpassi in carriera, perch&eacute; nelle stagioni valevoli di iride, costruiva praticamente sempre le vittorie partendo in pole e concludendo in testa. Ma parliamo di un australiano che sapeva sorpassare, altroch&eacute;. Per&ograve;, preferiva pensarci una volta, poi mai pi&ugrave;. Per lui duellare e scambiare posizioni reciprocamente, si trattava di tempo perso. A meno che non si trovasse in compagnia di John Kocinski, Wayne Rainey, Kevin Schwantz e Alex Criville. B&egrave;, no: lo spagnolo viene ricordato meno volentieri: ricordate Eastern Creek 1996? La Honda tir&ograve; a terra una seconda Honda, che poi era la prima. Ne giov&ograve; Loris Capirossi.  Regis Laconi, il selvaggio francese Era italo-francese, per la precisione. Regis Laconi, con origine sarde ma nato a Saint Dizi&egrave;r, sapeva sorpassare, quasi sempre con il posteriore in salto e ruota a 25 centimetri da terra. Sapete una cosa dl lui? Riusc&igrave; a vincere una gara in 500 a Valencia nel 1999 e in pi&ugrave; occasioni della differente SBK. Gli &egrave; mancato un pizzico per titolarsi, ma attenzione al dato: nel Curvone Biassono di Monza, a bordo della Ducati 999, deteneva il record di velocit&agrave; in percorrenza: qualcosa come 271 chilometri orari rilevati all'uscita, che precedeva la Variante della Roggia, affrontata comunque rapidamente.  Anthony Gobert, interno ed esterno Gli avran pur dato del "matto", ma era un manico esagerato, capace di oltrepassare limiti meccanici e della fisica. Anthony Gobert, australiano approdato in Europa e andatosene lasciando il segno, in doti di guida secondo era a nessuno. Poi, s&igrave;, esagerava, ma perch&eacute; indomito e sprovvisto di una solida strategia. Per lui il sorpasso era pi&ugrave; importante del risultato finale, che fosse compiuto all'interno o all'esterno, come se la questione fosse contro l'avversario e non in termini di classifica. E lo era. Il "Go Show" dur&ograve; poco, per&ograve; bene: se ne ricordano Aaron Slight in SBK e Darryl Beattie in 500.  Carl Fogarty, inglese in stile Tourist Trophy Dunque, lui stesso lo ha ammesso, per&ograve; anni dopi non esserci pi&ugrave; andato: il Tourist Trophy &egrave; gara bella, per&ograve; folle. Quanto &egrave; passato definitivamente ai pi&ugrave; sicuri cordoli accompagnati da vie di fuga, Carl Fogarty non si &egrave; pi&ugrave; voltato, come se alle sue spalle fosse stato creato un vuoto. E in gara gli piaceva fare cos&igrave;, bench&eacute; fosse pronto tutto pur di superare. Basterebbe chidere a Pierfrancesco Chili, oppure a Lothar Kraus, doppiato e ritrovatosi in traiettoria del Re britannico. Si trattava di Nurburgring SBK 1999, finita in successo per l'inglese, e caduta per il tedesco, buttato gi&ugrave; senza piet&agrave;, e la foto lo spiega: che cavolo ci facevi l&igrave; in mezzo?!&nbsp;  Brad Binder, l'aerodinamico I piloti giurano come sia impossibile o difficilissimo effettuare sorpassi nell'attuale MotoGP, in quanto pesantemente condizionata da elettronica, aerodinamica e gomme uguali per tutti. Sar&agrave;, ma Brad Binder interpreta la categoria "al contario", ovvero, saltando i rivali spesso e volentieri. E lo fa di traverso, azione ancor pi&ugrave; difficile, proprio perch&eacute; la volont&agrave; di telaio e alettoni sarebbe di mantene ruota anteriore e posteriore sullo stesso asse. Il sudafricano, vero talento a servizio della KTM, &egrave; uno dei protagonisti pi&ugrave; divertenti da ammirare.  Troy Bayliss, lo squarciagole Il mitico Giovanni DI Pillo lo ammise ripetutamente: "Ho urlato tanto nelle mie telecronache, ho rischiato di perdere la voce, ma Troy Bayliss mi fece esagerare, specialmente a Monza 2000. Saltar a pi&egrave; pari gente del calibro di Frankie Chili, Akira Yanagawa, Noriyuki Haga e Colin Edwards". Giusto, come &egrave; vero che l'australiano ha poi correttamente impostato le traiettorie della Prima Variante, a dimostrare la misura per mezzo della quale salt&ograve; gli avversari. Per il "carrozziere" della SBK Monza era una novit&agrave;, e un conto &egrave; sopravanzare un avversario, un conto &egrave; farne fuori quattro.         

Indipendentemente da vittorie e non, i nomi elencati detengono doti fuori dal comune nel superare i rivali

I "Sorpassatori" più feroci del Motociclismo

Il pilota ligure, nonostante non avesse mai vinto un titolo era molto amato dagli appassionati negli anni '90. Sei vittorie nel motomondiale, la più importante e celebre probabilmente quella di Laguna Seca nel 1994 in 250 davanti a Max Biaggi e Tetsuya Harada. Il passaggio in 500 con l'Aprilia ufficiale prima di approdare nel 1999 in Superbike. Perse la vita in 30 novembre 2013 in un incidente durante le prove del "Sic Supermoto Day" a Latina.

Il pilota ligure, nonostante non abbia mai vinto un titolo era molto amato dagli appassionati negli anni '90. 6 vittorie nel motomondiale, la più importante e celebre probabilmente quella di Laguna Seca nel 1994 in 250 davanti a Max Biaggi e Tetsuya Harada. Importante il passaggio in 500 con l'Aprilia ufficiale prima di approdare nel 1999 in Superbike. Perse la vita in 30 novembre 2013 in un incidente durante le prove del "Sic Supermoto Day" a Latina. Ecco alcune delle foto più significative della carriera di Doriano Romboni 

Dieci anni senza Doriano Romboni

        Dopo solo tre stagioni dal suo debutto nel motomondiale avvenuto nel marzo 2021, Pedro Acosta &egrave; salito per la prima volta su una MotoGP. Dopo due titoli mondiali in soli tre anni il baby fenomeno di casa KTM &egrave; chiamato a dimostrare il proprio talento anche in MotoGP. Costretto ad abbandonare, come al suo debutto in Moto2, il numero 37 col quale ha conquistato i titoli 2021 in Moto3 e 2023 in Moto2, per la presenza in griglia di Augusto Fernandez che esattamente come nel 2022 sar&agrave; suo compagno di squadra, costringendo El Tibur&oacute;n de Mazarr&oacute;n a scegliere un nuovo numero. TEST MOTOGP VALENCIA, MARQUEZ-DUCATI CI SIAMO! COSA ASPETTARSI DALLO SPAGNOLO Un numero che manca dalla griglia dal 2002 Dopo 21 stagioni in MotoGP torner&agrave; in pianta stabile il numero 31 che fu di Tetsuya Harada, questa &egrave; la scelta di Pedro Acosta per il suo debutto nella top class. Avendo dovuto nuovamente abbandonare il 37 proprio come nella sua stagione da rookie in Moto2 per la presenza nella griglia di Augusto Fernandez anche per il debutto in MotoGP, Pedro Acosta &egrave; costretto a scegliere un nuovo numero cambiando il terzo numero in quattro anni di motomondiale. Niente 51 quindi, numero scelto per il debutto in Moto2, ritenuto sfortunato dopo la stagione complicata e rovinata dal grave infortunio al femore che lo ha costretto a saltare diverse gare. Lo spagnolo avrebbe potuto scegliere il numero che negli ultimi anni &egrave; stato di Michele Pirro in quanto le wildcard non hanno diritto di prelazione, inoltre Ducati per via delle concessioni ufficializzate il luned&igrave; dopo il GP di Valencia non ha pi&ugrave; diritto a wildcard per i propri tester. Con il 31 Tetsuya Harada ha corso per tre stagioni in top class, tutte in sella a delle 500GP nonostante nel 2002 avessero gi&agrave; debuttato le MotoGP, il Team Pramac disponeva solo di una NSR500 corsero con le &ldquo;vecchie&rdquo; duett&igrave;. Il debutto di Harada nella top class &egrave; avvenuto nel 1999 con l&rsquo;Aprilia ufficiale raccogliendo anche due podi, il primo a Paul Ricard mentre il secondo a Donington Park. Dopo una seconda stagione con la casa di Noale, pi&ugrave; complicata e chiusa solo al sedicesimo posto decide di tornare in 250 per un ultimo tentativo di assalto al titolo per bissare quello conquistato nel 1993 al debutto nel motomondiale.  Gli altri 31 in epoca recente Se l&rsquo;ultimo ad utilizzare il 31 nella top class come &ldquo;permanent rider&rdquo; il numero che fu di Tetsuya Harada era gi&agrave; ricomparso altre tre volte nel corso degli ultimi 7 anni. La prima &egrave; nel 2017 quando Kota Nozane lo utilizz&ograve; a Motegi quando sostitu&igrave; Jonas Folger all&rsquo;interno del team Tech3. Nel 2020 &egrave; il turno di Garrett Gerloff che chiamato a sostituire Valentino Rossi, positivo al Covid19, sulla Yamaha M1 del team ufficiale Yamaha. Purtroppo per l&rsquo;americano dopo il venerd&igrave; Valentino &egrave; riuscito ad arrivare in pista per disputare il GP rimandando il debutto in gara del texano. Esordio che &egrave; arrivato l&rsquo;anno successivo ad Assen dove Gerloff riport&ograve; il 31 in griglia sostituendo Franco Morbidelli sulla Yamaha M1 del team Petronas SRT.  MOTOGP: TEST "IN INCOGNITO" PER FERNANDEZ A VALENCIA, ORFANO DI RNF        

Il campione del mondo Moto2 debutta nella top class con il team GasGas Factory Racing Tech3, costretto ad abbandonare il 37 El Tibur&oacute;n de Mazarr&oacute;n ha fatto la sua scelta

Valencia Test, Pedro Acosta ha scelto il numero per la MotoGP

        Nelle due settimane post Giappone gli avvenimenti non sono mancati tra l&rsquo;addio di Marquez ad Honda e l&rsquo;infortunio di Bezzecchi in allenamento al Ranch (il Bez peraltro &egrave; gi&agrave; stato operato e prover&agrave; in qualche modo ad essere in pista nel fine settimana), a contorno di un campionato sempre pi&ugrave; aperto e con l&rsquo;inerzia dello stesso moto a favore di Jorge Martin dopo la sequenza di vittorie post Barcellona.&nbsp; Il terzo appuntamento del tour asiatico &egrave; in Indonesia, evento rientrato solamente nel 2022 in calendario dopo ben 25 anni di assenza. Il tracciato non &egrave; pi&ugrave; quello di Sentul bens&igrave; quello di Mandalika.&nbsp; Non tutti sanno che&hellip; Il Gran Premio di Indonesia &egrave; entrato in calendario nel lontano 1996 per restarci solo due anni. Uscito di scena, &egrave; stato prima testato dalla Superbike nel 2021 e l'anno successivo la MotoGP ha corso sul tracciato indonesiano su asfalto bagnato.&nbsp; Storia, caratteristiche ed incidenti a Mandalika  Come abbiamo visto in precedenza, il Gran Premio Motociclistico di Indonesia si &egrave; svolto, nelle due prime edizioni sul tracciato di Sentul, utilizzato anche dalla Superbike. Il tracciato di Mandalika, situato all&rsquo;interno dell&rsquo;omonimo resort che sorge nella reggenza di Lombok, &egrave; stato costruito ed inaugurato nel 2021. Lungo 4.3 km, consta di 17 curve, 6 a sinistra ed 11 a destra, la sede stradale &egrave; larga 15 metri ed il rettilineo pi&ugrave; lungo misura 723 metri. Per la MotoGP sono previsti 27 giri, 22 quelli della Moto2 e 20 per la Moto3. Incidenti L&rsquo;unico incidente degno di nota &egrave; quello di Marc Marquez nel warm up della gara. Lo spagnolo, per via di un brutto highside, viene dichiarato unfit e costretto a saltare la gara successiva in Argentina per il ripresentarsi della diplopia, problema avuto a fine 2021 con l&rsquo;incidente in allenamento prima delle gare in Portogallo e a Valencia.&nbsp; I tratti caratteristici del tracciato indonesiano  La conformazione del tracciato di Mandalika &egrave; abbastanza peculiare ma piuttosto simile ad altri tracciati del Motomondiale, per certi versi assomiglia a quello di Termas in Argentina con tante accelerazioni fuori dalle curve.&nbsp; I punti di frenata pi&ugrave; difficili sono: curva 1, staccata secca; curva 2 in uscita dal primo allungo dopo curva 1; 3-4, sezione simile alle Rio di Misano; curva 7-8-9, una chicane molto particolare; tornantino di curva 10, staccata molto difficile; curva 16, come la penultima curva dell&rsquo;Argentina, bisogna frenare tanto per far curvare la moto al meglio. Di contro, i punti di sorpasso (non tantissimi) sono: curva 1; curva 2 anche se molto rischiosa la variante 2-3-4; curva 7; curva 10, staccata fuori dall&rsquo;allungo dopo curva 9; complesso 15-16-17, 15-16 la lunga destra e la 17 per l&rsquo;attacco dell&rsquo;ultimo giro Statistiche e record del Gran Premio dell&rsquo;Indonesia  Con quella di quest&rsquo;anno diventano 4 le edizioni del Gran Premio di Indonesia, cos&igrave; divise: 2 a Sentul e 2 a Mandalika. Il primo Gran Premio di Indonesia del Motomondiale risale al 1996 a Sentul: successi di Masaki Tokudome in 125 (Aprilia), Tetsuya Harada in 250 (Yamaha) e Mick Doohan in 500 (Honda) L&rsquo;edizione dello scorso anno, la prima sul tracciato di Mandalika, ha visto i successi di Dennis Foggia in Moto3, Somkiat Chantra in Moto2 e Miguel Oliveira in MotoGP Per quanto riguarda la MotoGP, i record sono tutti di Fabio Quartaro: suoi la Pole in 1&rsquo;31&rdquo;067 ed il giro record della pista in gara in 1&rsquo;38&rdquo;749. Per quanto riguarda la Moto2, Pole 2022 di Jake Dixon in 1&rsquo;35&rdquo;799, giro veloce in gara ed All Time Record sono di Somkiat Chantra in 1&rsquo;35&rdquo;591 Per quanto riguarda la Moto3, Pole 2022 di Carlos Tatay in 1&rsquo;41&rdquo;232, giro veloce in gara di Jaume Masia in 1&rsquo;40&rdquo;197 mentre l&rsquo;All Time Record &egrave; di Dennis Foggia in 1&rsquo;39&rdquo;867 Orari MotoGP Indonesia       

GP Indonesia: curve, lunghezza e criticità per la MotoGP

Nella bella giornata del ProDay, organizzata a Misano dal presidente Vmoto Graziano Milone, a scendere in pista c&#39;era&nbsp; anche il vincitore del titolo classe 500 nel 1981, Marco Lucchinelli. Alla guida della Suzuki il ligure ha ammesso: &ldquo;Mi sembra di rivivere un po&rsquo; i miei tempi, con tanti piloti in un box, di tutte le et&agrave;, parliamo di tutto e solo un po&rsquo; di moto. Io sono il vecchietto qui (ride)&rdquo;.  Sotto un cielo velato ha svolto i primi giri e ci ha raccontato: &ldquo;Ho provato una sensazione bellissima perch&eacute; ho girato con Tetsuya Harada, che non conosceva la pista e ha voluto che gliela insegnassi io. Devo dire che c&rsquo;&egrave; sempre da imparare: ho fatto tanti giri davanti a lui, poi mi sono voluto mettere dietro ed &egrave; stato come avere un maestro. Guidava molto bene, era molto preciso e pulito, era uno da prendere da esempio. Ancora adesso&rdquo;.  Intervista a Lorenzo: &quot;Titolo MotoGP? Solo Bagnaia pu&ograve; perderlo&quot;  Lucchinelli: &quot;La MotoGP non mi piace tanto&quot;   Per te com&rsquo;&egrave; stato tornare in moto? &ldquo;In fondo non ho mai smesso. Non disputo pi&ugrave; le gare, ma la moto mi piace tanto da usare. Anche se mi ha tolto e mi ha dato tanto, per&ograve; &egrave; sempre bello. Purtroppo bisogna stare tanto attenti&rdquo;.  Che rapporto hai con Vmoto? &ldquo;Graziano (Milone) &egrave; stato uno dei miei primi tifosi. &Egrave; cresciuto con me, abbiamo un bel rapporto, ci siamo ritrovati. Sono dell&rsquo;idea che una moto elettrica da usare in citt&agrave; vada bene, in pista per fare le gare non tanto&rdquo;.  Parliamo di MotoGP. &ldquo;Anche se non mi piace tanto&rdquo;.  Calendario MotoGP 2023  Il titolo lo vincer&agrave; una Ducati? &ldquo;S&igrave;, ma sarebbe niente quello. L&rsquo;importante &egrave; vedere qualche battaglia, ma &egrave; diventata troppo uguale alla Formula 1 con le penalit&agrave; e tutte quelle storie che non c&rsquo;entrano niente con la moto. Non ho tanto voglia la domenica di guardarla&rdquo;.  Addirittura? &ldquo;S&igrave;, intanto perch&eacute; c&rsquo;&egrave; anche la gara del sabato. Non ci si pu&ograve; bruciare sia il sabato sia la domenica, quando il sabato magari si potrebbe andare con la famiglia al mare. Non penso che mettendo una gara in pi&ugrave; la gente la venga a vedere per forza, c&rsquo;&egrave; anche chi non ha pi&ugrave; voglia. Per il resto &egrave; bello, ci sono tanti ragazzi che vanno forte. Vanno tutti forte, vuol dire che c&rsquo;&egrave; qualcosa che non va&hellip; Sono moto pi&ugrave; facili da guidare forse? Non lo so&rdquo;.    Il punto di vista di Lucchinelli su Marc Marquez   Che momento sta vivendo Marquez? &ldquo;Lo stesso che ho vissuto io quando ho lasciato la Honda e sono andato in Cagiva. Io a quell&rsquo;epoca ho smesso di correre. Lui non smette perch&eacute; sa che non &egrave; colpa sua. I piloti che hanno guidato la sua moto o smettono o hanno smesso: Lorenzo ha smesso, gli altri sono tutti in ospedale e l&rsquo;unico che fa un piazzamento ogni tanto &egrave; proprio Marquez. Vuol dire che la moto non va. A fare quindicesimo sarebbe capace. E poi c&#39;&egrave; un&#39;altra cosa&rdquo;.  Quale? &ldquo;Non mi piace questo fatto che sparlano di Marquez. Bisogna rispettarlo perch&eacute; non ha mai rotto le scatole, negli ultimi tre anni ha avuto dei problemi e se li &egrave; gestiti da solo. Poi perch&eacute; ha vinto otto titoli e per questo ci vuole rispetto. Lo dico prima di tutto ai giornalisti e telecronisti&rdquo;.  Classifica piloti MotoGP 2023 

In esclusiva l&rsquo;ex pilota ha espresso il suo parere sulla top class, sulla Sprint del sabato e ha commentato la situazione in cui si trova Marc Marquez

Intervista a Lucchinelli: &ldquo;La MotoGP? Troppo uguale alla Formula 1&rdquo;

        Il 6 aprile &egrave; una data che difficile da dimenticare per gli appassionati del Motomondiale. Se da un lato si festeggiava il primo podio di Ducati con Capirossi e la Desmosedici, dall'altro si vivevano momenti di angoscia e tristezza per l'incidente capitato al pilota Honda (team Gresini) Daijiro Kato.&nbsp; Calendario MotoGP 2023: date, orari tv e dove vederla L'incidente di Kato   Dopo l&rsquo;ottimo debutto in MotoGP, datato 2002, nel 2003 il giapponese rimane con la squadra faentina e la Honda gli affida una RC211V factory. Tutto &egrave; pronto, dunque, per la prima gara stagionale. Il paese del Sol Levante stravede per lui, il secondo pilota dopo Harada a fregiarsi del titolo mondiale nella 250. In qualifica il #74 fa segnare l&rsquo;11&deg; tempo, che all&rsquo;epoca valeva la terza fila dello schieramento di partenza (le file erano ancora da 4 piloti). Il giapponese scatta bene e recupera qualche posizione, tagliando il traguardo del primo giro attorno alla sesta-settima posizione. Al secondo giro, in uscita della 130R verso la Casio Chicane, ecco l'impatto spaventoso a 140 km/h contro le barriere esterne della curva e il pilota rimane a terra. Kato riporta diverse ferite a testa, collo e cassa toracica rimanendo in coma per pi&ugrave; di 20 giorni, salvo poi spirare due settimane dopo a causa di un infarto cerebrale.&nbsp; L&rsquo;exploit Ducati con Capirossi e Bayliss   L&rsquo;altra faccia di quel triste Gran Premio &egrave; quella felice dell&rsquo;Italia che vede salire tre piloti nostrani sul podio (Rossi, Biaggi e Capirossi) e ottenere il primo risultato per Ducati nel suo primo anno di debutto. Un risultato ancora pi&ugrave; degno di nota considerando che Bayliss e Capirossi partivano sfavoriti (P13 l&rsquo;australiano e P15 il romagnolo) rispetto a Rossi e Biaggi, e con una grande rimonta hanno risalito la griglia grazie alla potenza del Desmosedici Twinpulse che spingeva la GP3. Il resto &egrave; Storia, dalla prima vittoria di Ducati a Barcellona nel 2003, al titolo di Stoner nel 2007 fino ad arrivare alla vittoria di Pecco Bagnaia nel 2022, senza tralasciare le vittorie consecutive dei titoli costruttori (2020-2021-2022) e team (2021-22).       

20 anni fa esatti la gara di apertura di una stagione drammatica per la morte del giapponese ma allo stesso tempo idilliaca per l&rsquo;Italia

Giappone 2003, la gioia e il dolore in quel di Suzuka

        Il 4 aprile 1973 nasceva a Castel San Pietro Terme, comune in provincia di Bologna, Loris Capirossi, riferimento delle due ruote italiane che quest'oggi taglia l'importante traguardo dei 50 anni d'et&agrave;. "Capirex", soprannome che l'ha accompagnato per quasi tutta la carriera, &egrave; stato uno dei piloti pi&ugrave; iconici del movimento motoclistico italiano nel suo periodo pi&ugrave; aureo dgli ultimi 30 anni. Fenomeno di precocit&agrave; e longevit&agrave;, il romagnolo ha attraversato almeno tre ere del motociclismo, rappresentando ed essendo protagonista di tante sfaccettature del motomondiale.  Tre volte campione del mondo e sin da subito riconosciuto come un pilota destinato a prendere l'eredit&agrave; dei piloti italiani di qualche generazione addietro, Capirossi corse per ben 21 stagioni nel motomondiale, dal 1990 al 2011, disputando 328 gare in totale e risultando il terzo pilota con pi&ugrave; presenze in griglia della storia, alle spalle solamente di Valentino Rossi (432) e Andrea Dovizioso (346). Sono tanti i record di Capirossi, su tutti quello di essere il pilota pi&ugrave; giovane ad aver vinto un campionato del mondo nel motomondiale. A 17 anni e 165 giorni "Capirex" infatti, si laure&ograve; campione della 125; un record messo in pericolo solo recentemente da Pedro Acosta, che nel 2021 vinse la Moto3 a 17 anni e 166 giorni, un solo giorno dopo l'italiano che ha potuto cos&igrave; conservare il primato.  L'inizio da predestinato e i due titoli mondiali Il debutto di Capirossi nel motomondiale avvenne nella classe 125 nel 1990 in sella alla Honda del Team Pileri. L'irruenza nella guida ed un carattere frizzante e genuino catturarono subito i cuori di fan e addetti ai lavori, che misero sotto la lente d'ingrandimento le gesta della giovane promessa "azzurra". Il rookie Capirossi impression&ograve; subito, alla quarta gara conquist&ograve; il primo podio della sua lunga carriera, mantenne una costanza di rendimento davvero notevole e nelle ultime cinque gare si port&ograve; a casa tre successi che gli consentirono di conquistare la corona di campione del mondo della piccola cilindrata, beffando il belga Hans Spaan. Nel 1991 Capirossi decise di restare in 125, con l'intento di difendere il titolo conquistato. L'impresa riusc&igrave; alla perfezione, il pilota Honda and&ograve; sempre a podio, trionfando in cinque gare e avendo la meglio a fine anno su Fausto Gresini. Il passaggio nella classe di mezzo, l'allora "250", apparve giustamente inevitabile e nel 1992 Capirossi fece il salto di categoria. Le aspettative furono subito alte per un pilota che veniva da due campionati del mondo vinti nei primi due anni di carriera e pertanto portava con s&egrave; un alone di ambizioni di altissimo livello. Dopo una stagione d'apprendistato, nel 1993 Capirossi vinse il suo primo GP nella classe di mezzo e si gioc&ograve; il titolo fino alla fine, perdendolo per soli quattro punti in favore di Testuya Harada. Anche nel 1994 l'italiano fu in lotta per il titolo ma, sebbene riusc&igrave; a vincere in quattro gare, dovette cedere allo strapotere di Max Biaggi, dominatore assoluto per le quattro stagioni avvenire. Insieme al "corsaro", Capirossi inizi&ograve; a saldare una sana rivalit&agrave; che toccher&agrave; l'apice negli anni della classe regina, quando con Valentino Rossi form&ograve; un trio di assoluto rilievo per il motociclismo italiano e non solo. Passa alla prossima pagina &nbsp;  Il primo approdo in classe regina ed il titolo nella 250 Dopo aver sfiorato il titolo in "250", Capirossi tent&ograve; l'approdo nella classe regina. I risultati non furono quelli sperati sebbene nell'ultima gara del 1996 in Australia arriv&ograve; il primo successo della sua carriera in top class, battendo Tadayuki Okada e Carlos Checa. "Capirex" torn&ograve; in 250 nel 1997 con il chiaro obiettivo di vincere il titolo anche nella classe di mezzo e l'anno successivo riusc&igrave; nel tanto agognato obiettivo, in un'annata che verr&agrave; ricordata per la nascita della rivalit&agrave; (e amicizia) con Valentino Rossi, e soprattutto per l'intensissimo duello andato in scena con Harada. Il giapponese e&nbsp;Capirossi arrivarono all'ultima gara in Argentina con il titolo in palio; Capirossi inizi&ograve; l'ultimo giro in testa, fino a quando allarg&ograve; una curva e lasci&ograve; ingenuamente uno spazio del quale Rossi approfitt&ograve; e lo sorpass&ograve;, poche curve pi&ugrave; avanti allarg&ograve; di nuovo la traiettoria e Harada lo super&ograve;.  Negli istanti finali della corsa, Capirossi tent&ograve; l'attacco nonostante fosse molto indietro attaccando in staccata Harada, i due si toccarono e ad avere la peggio fu proprio il giapponese che cadde rinunciando cos&igrave; alle sue ambizioni iridate. Alla fine, Rossi vinse la gara, mentre Capirossi termin&ograve; secondo e vinse il terzo titolo mondiale, all'et&agrave; di 25 anni. Nel 1999 Capirossi si scontr&ograve; con l'inevitabile ascesa di Valentino Rossi, che gli tolse la corona di campione del mondo della classe di mezzo e nel 2000 fece nuovamente il salto in top class, ad aspettarlo c'era la Honda del Team Pons. Passa alla prossima pagina &nbsp;     L'avventura Ducati e la rivalit&agrave; con Biaggi e Rossi Le stagioni in 500 dei primi anni duemila non furono le pi&ugrave; facili per Capirossi che tuttavia riusc&igrave; a dimostrare il suo talento in svariate occasioni. In tal senso il GP del Mugello del 2000 rappresenta un esempio perfetto, sul saliscendi toscano and&ograve; in scena una delle gare pi&ugrave; iconiche di quegli anni, attraverso una fantastica lotta a tre con Valentino Rossi e Max Biaggi che vide cadere quest'ultimi due e trionfare Capirossi, in una delle vittorie pi&ugrave; belle ed importanti della sua carriera. Negli anni avvenire i tre piloti italiani furono il volto del motociclismo italiano e della top class, grazie alle loro bagarre in pista e alla diversit&agrave; reciproca del loro carattere. Il 2001 fu l'annata pi&ugrave; simbolica in tal senso, il trio di italiani chiuse in testa il campionato della 500, con Rossi campione del mondo seguito da Biaggi e Capirossi.  Nel 2003 Capirossi colse la sfida Ducati, che lo scelse come pilota di riferimento per approdare in MotoGP. Una scelta felice per entrambe le parti, il romagnolo divenne in breve tempo l'alfiere nonch&eacute; l'uomo immagine della casa di Borgo Panigale, che dal canto suo fu portata al primo trionfo della sua storia proprio da Capirossi, nel GP di Barcellona, una data storica per l'azienda italiana. Capirossi batt&egrave; Valentino Rossi e la Honda e sul podio si lasci&ograve; andare ad una forte emozione. Il 2006 fu l'anno migliore per l'italiano in top class e solo la rovinosa di Barcellona gli imped&igrave; di lottare per il titolo fino alla fine. Loris vinse tre gare e collezion&ograve; otto podi finendo alle spalle di Nicky Hayden e Valentino Rossi. Nel 2007 in Giappone il tre volte campione del mondo vinse il suo ultimo GP battendo la concorrenza di Randy De Puniet e Toni Elias mentre nel 2008 a Brno ottenne il suo ultimo podio portando la Suzuki al terzo posto. Dopo aver disputato tre annate con la casa di Hamamatsu, Capirossi chiuse la sua lunghissima carriera nel 2011 in sella alla Ducati del team Pramac, correndo l'ultima gara con il numero "58", in onore di Marco Simoncelli deceduto nel precedente appuntamento stagionale della Malesia. Una carriera leggendara condita da 328 gare disputate, tre campionati del mondo vinti, 29 GP conquistati e 99 podi.       I viaggi in furgone, la telemetria ed il Ciao: vi racconto Bezzecchi        

Il 4 aprile &egrave; una data importante per il motociclismo italiano; spegne le candeline uno dei piloti pi&ugrave; iconici della nostra storia

Sono "50" per Loris Capirossi! Buon compleanno al tre volte iridato

La tecnologia a due tempi ha caratterizzato il Motomondiale per decenni, distinguendosi per sinfonia, odore e azione. Gli emozionanti prototipi da Gran Premio erano modelli esclusivi da guidare, difficili da portare al limite, entusiasmanti da ammirare dal vivo. In un periodo particolare, la cilindrata 250 &egrave; stata capace di regnare, relegando a miti consigli la 500. Ci trovavamo a circa met&agrave; anni &#39;90.  Luca Cadalora, il &quot;maestro&quot; della 250 Grand Prix    Modenese verace, duro di capoccia, convinto delle proprie idee, veloce come una schioppettata, &quot;pulito&quot; nelle traiettorie di pista. Luca Cadalora ha vinto due titoli nella 250 Grand Prix, facendo scuola in termini di stile e percorrenza di curva. A bordo di motociclette cos&igrave; rigide, estreme e leggere, cosa non da poco.  Il protagonista del capitolo ha incontrato alcuni dei rivali sottoelencati, ma non tutti: l&#39;alloro 1986 firmato in 125 fu accompagnato dalle imprese 1991 e 1992 della quarto di litro, poi il passaggio in 500 (dove fece benissimo). Per lui, le gioie massime arrivarono con Garelli e Honda, alcune anche insieme a Yamaha.  Calendario MotoGP 2023: date, orari tv, dove vederla  Nella prossima pagina Biaggi, Romboni, Capirossi e Reggiani  &nbsp;  Biaggi, Romboni, Capirossi, Reggiani: tanta roba la 250 del Motomondiale    Qui la carne al fuoco e parecchia. Senza nulla togliere agli altri bravi italiani iscritti alla dueemmezzo, bisogna ammettere che le luci fossero maggiormente puntate su Max, Doriano, Loris e Loris. Ci&ograve; perch&eacute;, risultati della pista a parte, i tre si scontrarono direttamente e nel medesimo periodo, vantando caratteristiche di guida e caratteriali diverse e uniche.  Tra Biaggi, Romboni, Capirossi e e Reggiani vigeva vera rivalit&agrave;, altro che &quot;amici, amici, poi ti rubano la bici&quot;. No no: il romano, lo spezzino, l&#39;imolese e il forlivese se le davano di santa ragione tra i cordoli, non le mandavano a dire di fronte a TV e microfoni. E a noi piaceva cos&igrave;. Al pubblico anche di pi&ugrave;, dato che le sportellate e le parole si sprecavano in ogni gara.  Indipendente dai risultati, scegliete il vostro nome preferito:&nbsp; ognuno di loro ha regalato spettacolo in 250 Grand Prix dal 1993 al 1997, sebbene sia doveroso precisare che le sfide contestuali e contemporanee condivise si consumarono nel 1992, 1993 e 1994. Chi all&#39;epoca c&#39;era, lo ricorda con grande piacere e... malinconia.  Passa alla prossima pagina: &quot;Max Biaggi, il Re della 250 Grand Prix&quot;  &nbsp;  Max Biaggi, il Re della 250 Grand Prix    Leggete cosa disse Jean-Michel Bayle nei test di Sepang 1995: &quot;Francamente&quot; - le parole del francese, ex campione nel Cross e passato da terra ad asfalto - &quot;Non intravedo qualcuno che possa batterlo. Biaggi &egrave; inarrestabile&quot;. Vero: Max e l&#39;Aprilia cosituivano un duo nero irresistibile.  Tuttavia, abbiamo scelto una foto del romano a bordo della Honda, proprio per spiegare quanto fosse forte (anche) nella quarto di litro. Aprilia era il riferimento, lo sapete e qui in basso ne trovate parole a riguardo, ma il Corsaro fece il corsaro pure sulla NSR 250.  Tre titoli di fila con la RGV, poi uno insieme a una formazione allestita ad hoc, nella quale Erv Kanemoto fungeva da capotecnico. Biaggi, Aprilia o Ala dorata, si conferm&ograve; l&#39;assoluto dominatore della serie, capace di aggiudicarsi 29 corse dal 1992 al 1997.  Nella prossima pagina, &quot;Marcellino Lucchi, il &quot;guastafeste&quot; della 250 Gran Prix Mugello&quot;  &nbsp;  Marcellino Lucchi, il &quot;guastafeste&quot; della 250 Gran Prix del Mugello    Quanto andasse forte, gi&agrave; si sapeva, nella spiegazione fornita dai podi calcati nel 1995, 1996 e 1997. Tutti al Mugello, dove lui - Marcellino Lucchi - conosceva pieghe, linee ideali e traiettorie come le proprie tasche. Vincitore di 6 titoli del Campionato Italiano Velocit&agrave;, la dueemmezzo per gli era priva di segreti.  Essendo collaudatore Aprilia, Noale gli &quot;regalava&quot; qualche wild card iridata, spesa dal diretto interessato al meglio possibile. I piazzamenti gi&agrave; citati si sommano a quel 17 maggio 1998, occasione in cui l&#39;allora quarantunenne mise tutti in riga, proprio nel saliscendi toscano tanto amato.  I rivali battuti? Valentino Rossi - gi&agrave; incoronato in 125 l&#39;anno prima - Tetsuya Harada - campione di categoria 1993 - Loris Capirossi - prossimo all&#39;alloro ottenuto a fine anno, da addizionare ai due della 125 - il talento Stefano Perugini e via dicendo. Per il cesenate la gioia massima rappresent&ograve; l&#39;apice di carriera, in una soddisfazione ancor oggi viva e sensibile.  &quot;Il fenomeno Valentino Rossi&quot;, passa alla prossima pagina  &nbsp;  Il fenomeno Valentino Rossi, mina vagante della 250 Grand Prix    Qualcuno sosteneva: &quot;Valentino Rossi deve passare subito dalla 125 in 500, &egrave; inutile che corra in 250&quot;. In tanti risposero &quot;Se, vabb&eacute;. Fategli fare la dueemmezzo, dalla quale trarr&agrave; insegnamenti e coppe da esibire&quot;. Si verific&ograve; la seconda ipotesi, e fortunatamente.&nbsp; L&#39;asso di Tavullia aveva colpito l&#39;attenzione durante l&#39;esperienza nell&#39;ottavo di litro, facendo suo il titolo 1997, impressionando per fantasia e doti comunicative. Perch&eacute; &quot;buttarlo&quot; subito nella mischia della mezzo litro? Si sarebbe rischiato di sprecarne il potenziale.  Legato a un Marchio capace di scrivere pagine di storia giorno dopo giorno, il numero 46 debutt&ograve; nella classe di mezzo nel 1998, fungendo da mina vagante nel dualismo tra Capirossi e Harada. Infatti, Loris conquist&ograve; il mondiale, Rossifumi giunse secondo, il giapponese terzo.  Bello, ma il nuovo fenomeno delle due ruote voleva di pi&ugrave;. Nel 1999 - quando Capirossi pass&ograve; a Honda, portando la tabella con il numero 1 - Valentinik (altro soprannome) collezion&ograve; coppe valevoli da affermazione della quarto di litro, firmata nientemeno che con Aprilia. Attenzione a questa Casa.  Aprilia regina in 250 Gran Prix e... in 125, nella prossima pagina  &nbsp;  Aprilia, regina in 250 Grand Prix... e in 125    Tutti la volevano, in tanti l&#39;hanno fatta vincere. O meglio. tra i tanti che la volevano, quasi tutti hanno potuto vincere. Ancora: tutti quelli che la volevano, hanno vinto tanto. Oh, insomma, di chi parliamo? Di Aprilia e dei piloti che ne hanno giovato in termini di prestazioni e tecnologia.  Nelle classi a due tempi di cilindrata 125 e 250 Grand Prix, la Casa di Noale era pressoch&eacute; imbattibile. Ed &egrave; giusto rammentare quanto, all&#39;epoca, le suddette classi registrassero partecipazioni ufficiali e vere dei tanti Marchi, tra cui Honda e Yamaha, per esempio.&nbsp;  La &quot;a minuscola&quot; offriva agli ufficiali e ai privati un prodotto vincente. Jan Witteveen, mago dei due tempi, trov&ograve; in Veneto un reparto corse dalla giusta mentalit&agrave;, e l&#39;Albo d&#39;Oro lo spiega esaustivamente: fate conto che dal 1992 sino al 2009, Aprilia ha collezionato 19 mondiali Piloti, a sommarsi coi 19 allori Costruttori portati in Italia, patria dove le competizioni sono una cosa seria.  &nbsp; 

Grazie a Cadalora, Biaggi, Romboni, Capirossi, Reggiani, Lucchi, Rossi e Aprilia, la categoria di mezzo a due tempi mise in ombra la pi&ugrave; ricca e costosa 500: quando l&#39;Italia delle due ruote comandava ieri, comanda oggi

Classe 250, la vera regina dei Gran Premi di met&agrave; anni &#39;90

Un&rsquo;altra delle tappe iconiche del Motomondiale torna in calendario dopo due anni di assenza, esattamente come l&rsquo;Australia appena una settimana fa. Stiamo parlando del Gran Premio della Malesia, il secondo Gran Premio pi&ugrave; &quot;giovane&quot; di quelli storici del Motomondiale.  Il Gran Premio della Malesia di quest&rsquo;anno potrebbe essere decisivo per l&rsquo;assegnazione del titolo MotoGP con una gara di anticipo. Pecco Bagnaia ci arriva con 14 punti di vantaggio su Quartararo e 27 su Aleix Espargar&ograve; dopo il podio in Australia e le difficolt&agrave; dei due rivali sempre in quel di Phillip Island.  Storia   Di per s&eacute; il Gran Premio della Malesia non ha una vera e propria storia pregressa prima dell&rsquo;ingresso nel calendario del Motomondiale. Ingresso che avviene direttamente nel 1991 con il tracciato di Shah Alam come gara finale di quel campionato, praticamente una passerella visti i titoli gi&agrave; assegnati nella gara precedente e con parecchie defezioni causa infortuni. Edizione che ha visto la vittoria di Loris Capirossi in 125, Luca Cadalora in 250 e John Kocinski in 500.&nbsp;  Essendo il secondo Gran Premio pi&ugrave; giovane tra quelli storici del calendario, ne sono state disputate appena 29 edizioni e quella di quest&rsquo;anno sar&agrave; la 30^. In 29 edizioni, 21 sono state disputate sul tracciato di Sepang, entrato in calendario nel 1999, 7 a Shah Alam ed una sola a Johor.&nbsp;  &nbsp;  Nessuna vittoria malese ma 10 vittorie giapponesi   Nonostante la Malesia sia un popolo di motociclisti, nel Mondiale non c&rsquo;&egrave; mai stato un pilota malese realmente competitivo da poter vincere in casa, risultato peraltro sfiorato da Khairuddin nel 2012 in Moto3 giunto secondo e da Syahrin in Moto2 con il terzo posto.  Curiosamente, per&ograve;, il Gran Premio della Malesia conta 10 vittorie giapponesi: 2 per Ueda, 2 per Aoyama, una a testa per Aoki, Ui, Azuma, Harada, Nakano e Kato.  &nbsp;  Scrivi Malesia, dici Italia     L&rsquo;Italia &egrave; il Paese con pi&ugrave; successi in terra malese, ben 27 tra tutte le classi. Primatista &egrave; Valentino Rossi con 7 successi (6 in 500/MotoGP, 1 in 125) davanti a Max Biaggi con 5 affermazioni (4 in 250, 1 in MotoGP). Segue la Spagna con 22 successi (Dani Pedrosa primatista con 5 successi), poi l&rsquo;Australia con 10 (Mick Doohan primatista con 5 successi, segue Stoner con 4).  Rossi+Sepang=titoli e vittorie ma anche gag     Sepang &egrave; un posto speciale nella carriera di Valentino Rossi. Sulla pista malese, infatti, il Dottore ha centrato i titoli del 2003 (Honda) e 2009 (Yamaha), vinto la 46^ gara in Yamaha nel 2010 davanti a Dovizioso nell&rsquo;ultima stagione in &ldquo;blu&rdquo; prima del passaggio in Ducati. Ma Sepang &egrave; stata la location della famosa gag della Rapida, l&rsquo;impresa di pulizie che ha pulito la sua piazzola a Losail la gara precedente.  &nbsp;  Sepang croce e delizia di Simoncelli     Quando pensi a Sepang la mente ritorna sempre a quel romagnolo alto con i riccioli che risponde al nome di Marco Simoncelli. Sepang &egrave; il luogo del suo doppio destino: nel 2008 gli regala il titolo della 250 con il terzo posto in gara, nel 2011 gli toglie la vita con il tragico incidente del secondo giro mentre era in lotta con Bautista.  La prima di Dovi in Ducati, Bagnaia campione Moto2     Sepang negli anni successivi ha comunque continuato a sorridere agli italiani. Nel 2016 Andrea Dovizioso coglie il suo primo successo in Ducati davanti a Valentino Rossi mentre nel 2018 Pecco Bagnaia, terzo al traguardo alle spalle di Marini ed Oliveira, vince il suo primo e per ora unico titolo nel Motomondiale bissando per l&rsquo;Italia il titolo di Morbidelli dell&rsquo;anno precedente. 

Dopo due anni di assenza causa pandemia, ritorna il secondo Gran Premio pi&ugrave; giovane tra quelli iconici del calendario del Motomondiale

MotoGP Malesia: storia, curiosit&agrave; ma anche gioie e dolori

        Il Gran Premio del Giappone, oltre ad aver avuto tre vincitori diversi, ha portato con s&eacute; anche delle curiosit&agrave; statistiche, perci&ograve; che riguarda sia la Middle Class che la Moto3, sempre in salsa nipponica. Ai ed Ayumu per&ograve; hanno anche degli illustri predecessori, che si contano sulle dita di una mano, che hanno trionfato prima di loro in 125 e 250 Da Hiroshi&hellip;  &nbsp; L&rsquo;ultimo pilota giapponese a vincere il Gran Premio del Giappone per la classe 250/Moto2 &egrave; stato Hiroshi Aoyama, ultimo campione della 250 prima che cedesse il posto alla Moto2 nel 2010, nel 2006 con la KTM davanti ad Alex De Angelis e Jorge Lorenzo bissando il successo dell&rsquo;anno precedente con la Honda del team Telefonica Movistar (era compagno di box di Dani Pedrosa) a precedere il compagno di box Pedrosa e Casey Stoner. Chiuder&agrave; sia il 2005 che il 2006 in quarta posizione. &hellip;ad Ai   Dopo anni di bocconi amari, il Giappone ha trovato il suo nuovo eroe della Middle Class in Ai Ogura, pilota del team Idemitsu Honda Asia promesso sposo alla MotoGP per il 2024 e gi&agrave; vincitore in Spagna ed Austria, che domenica ha riportato la bandiera del Sol Levante al primo gradino del podio dopo 16 anni da Aoyama. E cosa lega Aoyama ad Ogura? Hiroshi &egrave; nientemeno che il team manager di Ai&hellip; &nbsp; Ayumu Sasaki fa la storia  &nbsp; Un pezzo di storia lo scrive anche il pilota del Max Racing Team, gi&agrave; vincitore di due gare quest'anno oltre ad altri 4 podi prima di domenica. Il podio alle spalle di Guevara e Foggia rappresenta il primo podio assoluto di un pilota giapponese in Moto3, risultato sfiorato per ben due volte dal suo connazionale Tatsuki Suzuki, due volte quarto nel 2017 e 2019. &nbsp; Quali sono gli altri piloti nipponici ad aver vinto la gara di casa in 250/Moto2 e 125/Moto3? Osamu Myazaki  &nbsp; Prima di Ogura ed Aoyama l&rsquo;ultimo vincitore della gara di casa &egrave; stata la wild card Yamaha Osamu Myazaki a Suzuka nel 2002 con la Honda del team Endurancedavanti al connazionale Daisaku Sakai e a Randy De Puniet. Basti pensare che sono passati tre anni dalla vittoria di Myazaki alla doppietta di Aoyama 2005-2006 e ben 16 dalla vittoria di Aoyama a quella di Ogura, in mezzo una moria di pilotia giapponesi competitivi nella classe di mezzo del Motomondiale Daijiro Kato  &nbsp; Chi per&ograve; ha vinto pi&ugrave; di tutti la gara di casa &egrave; stato l&rsquo;indimenticato #74 con ben 4 successi a Suzuka nel 1997-98-00-01. Il primo successo arriva nel 1997 in un poker tutto giapponese con Ukawa secondo, Harada terzo e Tsujimura in quarta posizione. Nel 1998 ancora un poker nipponico a Suzuka: Kato-Nakano-Matsudo-Harada, nel 2000 il terzo successo di Daijiro con i connazionali Ukawa e Nakano ad accompagnarlo sul podio mentre nel 2001 la quarta ed ultima affermazione davanti ad Harada e Locatelli nell'anno che lo porter&agrave; all'unico Mondiale in carriera. Harada, Okada e Nakano  &nbsp; Un successo a testa tra Suzuka e Motegi per altri tre grandi piloti nipponici: Tetsuya nel 1993, anno della sua ascesa al trono della 250 davanti ad Okada e all'indimenticabile Romboni, Tadayuki nel 1994 con la Honda davanti a Capirossi ed Ukawa e Shin&rsquo;ya nel 1999, primo anno con la Yamaha Tech3 e prima volta assoluta a Motegi per il Motomondiale, davanti ad Ukawa e Capirossi.&nbsp; &nbsp; Per trovare invece un pilota nipponico vincente nella classe leggera bisogna tornare indietro ai tempi di Ueda, Azuma e Tokudome Masao Azuma  &nbsp; Per trovare l&rsquo;ultimo giapponese a trionfare in patria nella classe 125 bisogna tornare indietro al 2001 con Masao Azuma e la Honda davanti al connazionale Ui sulla Derbi. Azuma conta 2 vittorie in casa, la prima nel 1999 a Motegi davanti al connazinale Nakajo e ad Alzamora, nell'anno del titolo dello spagnolo. La seconda vittoria di Azuma &egrave; del 2001 a Suzuka con la Honda davanti al connazionale Ui sulla Derbi ed al nostro Simone Sanna con l'Aprilia. Noboru Ueda  &nbsp; Parimerito con Azuma per numero di vittorie in patria, &ldquo;Nobby&rdquo; ha trionfato nel 1991 da esordiente nel Motomondiale con la Honda davanti a Gresini e Capirossi firmando prima la pole e poi il giro veloce in gara e nel 1997 con un poker tutto nipponico: Ueda (Honda Pileri)-Sakata (Aprilia UGT3000)-Nakajo (Honda Jha Racing)-Azuma (Honda LB Racing) Ui, Sakata, Tokudome, Aoki, Tsujimura  &nbsp; Un trionfo a testa in casa anche per Ui (2000), Sakata (1998), Tokudome (1996), Aoki (1995) e Tsujimura (1994). Podio tutto giapponese per l'unica vittoria in casa di Ui nel 2000 davanti alle Honda di Ueda ed Azuma, podio tutto giapponese anche nel 1998 con la vittoria di Sakata a precedere Manako ed Azuma, poker invece nel 1996 con Tokudome-Aoki-Ueda-Manako, particolare la gara del 1995 vinta da Aoki con 6 giapponesi nelle prime sei posizioni: Aoki-Saito-Sakata-Nakajo-Ibaraki-Kato. Anche nel 1994 ci fu un podio All Japan con Tsujimura davanti a Sakata e Nakajo.       

Il pilota della Moto2 ha vinto la gara di casa 16 anni dopo il suo attuale team manager mentre Ayumu Sasaki &egrave; salito per la prima volta sul podio nella classe Moto3

Ai Ogura ed Ayumu Sasaki: il Giappone può sognare di nuovo

        La MotoGP non si ferma, tanto che a Barcellona &egrave; gi&agrave; tutto pronto per il nono appuntamento della stagione. Si riparte da quanto accaduto al Mugello, con Pecco Bagnaia in grado di regalare il successo numero 63 in classe regina alla Ducati in sella alla GP22 numero 63, e con Fabio Quartarato ed Aleix Espargar&ograve; che continuano ad essere gli unici due piloti sempre a punti dall&rsquo;inizio della stagione. Il Mugello ad ogni modo &egrave; alle spalle, ed &egrave; tempo di focalizzarsi sul Montmel&ograve;. I piloti pi&ugrave; vittoriosi in Catalogna  &nbsp;A guidare la classifica dei piloti con il maggior numero di successi a Barcellona &egrave; Valentino Rossi, a quota 10 affermazioni, 7 delle quali in classe regina, con 6 vittorie in MotoGP ed una in 500. Segue Jorge Lorenzo a quota 6, davanti al suo grande amico Max Biaggi, capace di vincere 4 volte durante le sue annate d&rsquo;oro in 250.&nbsp;Barcellona &egrave; per&ograve; anche casa Marquez, e lo confermano i numeri, dato che sia Marc che Alex possono vantare al Montmel&ograve; 3 vittorie, diversamente distribuite tra le categorie, pareggiando il conto con un altro talentuoso spagnolo come Dani Pedrosa, che ha vinto una gara al Montmel&ograve; in tutte e tre le categorie mondiali - 125, 250 e MotoGP -nelle quali ha corso. &nbsp; Il bilancio delle case   Se Rossi guida la classifica dei successi per quanto concerne i piloti, Yamaha guida quella legata alle case. La casa di Iwata infatti si &egrave; imposta in 13 occasioni, l&rsquo;ultima delle quali nel 2020 con Fabio Quartararo. Di queste 13 vittorie tre sono state in 500, con Wayne Rainey &ndash; 1992 e 93 &ndash; e Luca Cadalora l&rsquo;anno successivo.&nbsp;Sulla scia di Yamaha c&rsquo;&egrave; Honda, a quota 11 vittorie. Il periodo d&rsquo;oro della casa alata in Catalogna &egrave; andato in scena tra il 1995 ed il 1999, con cinque vittorie di fila grazie ad Alex Criville, Carlos Checa e Mick Doohan, mentre l&rsquo;ultimo successo &egrave; firmato Marc Marquez nel 2019. Molto staccata in questa classifica Ducati, ferma a 4 dal successo di Jorge Lorenzo nel 2018: il tracciato spagnolo &egrave; comunque molto caro alla casa bolognese, che qui ha colto nel 2003 il suo primo successo in MotoGP, grazie a Loris Capirossi. &nbsp;Una vittoria a testa &egrave; invece il bottino di Suzuki e KTM, vittoriose in due periodi molto lontani. Suzuki infatti ha trionfato nel 2000 in 500, grazie a Kenny Roberts Junior, mentre la KTM ben 21 anni dopo &ndash; e dunque in MotoGP &ndash; grazie a Miguel Oliveira. Chi invece &egrave; ancora ferma a zero vittorie &egrave; Aprilia: la casa di Noale pu&ograve; vantare come miglior risultato in MotoGP l&rsquo;ottavo posto di Alvaro Bautista nel 2016, e come miglior piazzamento in assoluto il quarto di Tetsuya Harada in 500 nel 1999. &nbsp; A caccia dei migliori  &nbsp;Tornando ai piloti, ed in particolare a Pecco Bagnaia, la vittoria al Mugello gli ha permesso di portarsi in scia a Loris Capirossi, terzo assoluto &ndash; a quota 7 - nella classifica dei piloti pi&ugrave; vittoriosi della storia di Ducati in MotoGP. Il GP di Barcellona dunque &egrave; la prima occasione per il piemontese di agganciare Capirex. La seconda piazza della classifica &egrave; occupata da Andrea Dovizioso con 14 vittorie, 9 in meno del leader Casey Stoner. &nbsp;Chi invece vuole allungare il suo vantaggio in vetta &egrave; Fabio Quartararo, gi&agrave; leader in termini di podi per quanto concerne i piloti francesi in top class. El Diablo &egrave; ora a quota 24, contro i 18 di Christian Sarron ed i 13 di Johann Zarco. Il francese infine detiene anche un altro record in questa stagione: Fabio infatti &egrave; stato sinora l&rsquo;unico in grado di vincere una gara e di piazzarsi in top ten nella successiva, segno di quella costanza che gli sta valendo la leadership di campionato. MotoGP, Jorge lorenzo: "Marquez avrebbe superato i titoli di Rossi"&nbsp;       

Il piemontese &egrave; ad un solo successo con Ducati da Loris, ma in Catalogna la casa di Iwata ha uno score invidiabile

MotoGP, Bagnaia in scia a Capirossi a casa Yamaha: i numeri pre Barcellona

        Dedico questa puntata di Polvere di Stelle a un evento storico: la prima vittoria dell&rsquo;Aprilia in MotoGP. La cronaca e i commenti di questo straordinario successo, ottenuto non per caso, ma d&rsquo;autorit&agrave;, li avete gi&agrave; letti su Motosprint, e per quanto mi riguarda posso soltanto esprimere le mie sincerissime congratulazioni ai tre personaggi che l&rsquo;hanno costruito passo dopo passo con competenza, seriet&agrave;, abilit&agrave; e coraggio: Romano Albesiano, tecnico sopraffino, Aleix Espargar&oacute;, pilota velocissimo e temerario, e Massimo Rivola, mio concittadino, amministratore delegato di Aprilia Racing dalle formidabili capacit&agrave; umane e organizzative. Polvere di Stelle: Greeves l'innovatore &nbsp; La "prima" di Reggiani  Ma questa rubrica si occupa del passato, e non &egrave; concesso il fuori tema. Ci&ograve; non significa comunque che anche su Polvere di Stelle non sia possibile celebrare adeguatamente la grande impresa dell&rsquo;Aprilia, ricordando come questa sia soltanto la pi&ugrave; importante e difficile da quando la Casa veneta ha avuto l&rsquo;audacia di scendere in campo contro i potentissimi e finanziatissimi reparti corse giapponesi nel Motomondiale. Cominciamo dunque dalla prima vittoria iridata dell&rsquo;Aprilia, avvenuta nel lontano 1987 a Misano. Era il 30 agosto e al Santamonica si disputava il GP San Marino, dodicesima prova del Mondiale. Loris Reggiani con l&rsquo;Aprilia 250 partiva con il terzo tempo in prova, a 15 centesimi dal poleman, Luca Cadalora su Yamaha ufficiale. Il team era diretto da Michele Verrini, giornalista, uomo di marketing, ex corridore in Fuoristrada, con precedenti esperienze di direttore sportivo, ma soprattutto appassionatissimo di corse, amico e grande estimatore di Reggiani. Verrini aveva convinto due anni prima Ivano Beggio, titolare dell&rsquo;Aprilia, a scendere in campo finanziando una squadra con sede a Forlimpopoli, la citt&agrave; del pilota, e composta da meccanici di talento non dipendenti da Noale. Nel 1985, l&rsquo;anno del debutto, due podi, al terzo posto, avevano confermato l&rsquo;ottima impostazione e il valore tecnico e agonistico di questa piccola compagine, ma l&rsquo;anno dopo la competitivit&agrave; sembrava svanita. Ampiamente rivista, l&rsquo;Aprilia 250 in versione 1987 aveva per&ograve; dimostrato subito di averla del tutto recuperata: tre volte secondo, in Austria, Jugoslavia e Inghilterra, Reggiani aveva acceso l&rsquo;entusiasmo di tantissimi appassionati ed era chiamato a dare il massimo sul circuito della sua Romagna. &ldquo;Sapevo di poter contare sulla moto &ndash; racconta oggi Reggiani &ndash; perch&eacute; avevamo lavorato molto sul motore, ma soprattutto sulla ciclistica, che non soltanto era stabilissima, ma mi permetteva di frenare pi&ugrave; avanti di Honda e Yamaha. In gara partii terzo, ma gi&agrave; alla staccata del Carro passai in testa e da quel momento allungai con una progressione di mezzo secondo al giro, tanto che dopo poco non avevo pi&ugrave; inseguitori. Nelle ultime tornate &ndash; temendo che si ripetessero le brutte sorprese di cui spesso ero rimasto vittima nelle gare precedenti &ndash; ridussi il ritmo, ma il motore non fece scherzi e tagliai il traguardo con otto secondi di vantaggio su Cadalora che, partito fra gli ultimi per un ingolfamento della sua Yamaha, aveva rimontato fino al secondo posto. Ricordo che, appena passato il traguardo, la mia gioia esplose con un urlo dentro il casco che probabilmente fu udito anche sulle tribune&rdquo;. &nbsp; Gramigni in 125   La squadra della prima vittoria iridata dell&rsquo;Aprilia era composta da Reggiani, dal ds Michele Verrini, dai meccanici Benito Savoia, Piero Pedone, Lindo Sbaraglia, dal cuoco Loris Montanari e dal motorista olandese Dolph van der Woude. Nella classe 250, l&rsquo;Aprilia ha poi vinto 18 titoli iridati: nove allori tra i piloti (tra loro Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi e Jorge Lorenzo) e nove tra i costruttori. Dopo l&rsquo;affermazione della sua 250, l&rsquo;Aprilia si impegn&ograve; anche nel Mondiale della classe 125 e anche qui dimostr&ograve; di non temere il confronto con Honda, JJ Cobas e Derbi, le Case che dal 1988, primo anno della nuova formula &ldquo;monocilindrica&rdquo;, si contendevano le vittorie nei Gran Premi. Proprio nel 1988, con Corrado Catalano, l&rsquo;Aprilia 125 ottenne il primo podio, al terzo posto del GP Francia. Un altro podio (ancora terzo) lo guadagn&ograve; Fausto Gresini nel GP Nazioni 1989 a Misano. Un decisivo passo in avanti fu compiuto da Alessandro Gramigni nel 1990, quando si piazz&ograve; secondo in Svezia e terzo in Cecoslovacchia, e il suo impegno fu premiato l&rsquo;anno dopo. Quando entr&ograve; nell&rsquo;albo d&rsquo;oro Aprilia come primo vincitore di un GP iridato della classe 125. Il GP Cecoslovacchia 1991 si disput&ograve; il 25 agosto a Brno: la squadra Aprilia, coordinata dall&rsquo;ex pilota Pierluigi Aldrovandi, schierava Gramigni e Gabriele Debbia. Entrambi velocissimi, avevano ottenuto in prova il quinto e il quarto tempo, preceduti nell&rsquo;ordine da Capirossi su Honda, Peter &Ouml;ttl (BakkerRotax) e Kazuto Sakata (Honda). &ldquo;Sentivo di poter fare qualcosa di buono &ndash; dichiar&ograve; Gramigni a Motosprint al termine della corsa vittoriosa &ndash; poi, quando ho visto che riuscivo a stare l&igrave; con i primi, ho pensato che me la sarei giocata fino all&rsquo;ultimo. C&rsquo;era Sakata che esagerava e gli ho fatto anche segno di darsi una calmata, ma evidentemente non lo ha capito, perch&eacute; poco dopo &egrave; caduto. Io dapprima ho deciso di stare tranquillo, ma poi ho aumentato il ritmo e sono riuscito a prendere un po&rsquo; di vantaggio. Non mi sono mai girato fino alla fine, e quando ho capito di avercela fatta non ci credevo&hellip;&rdquo;. Alle spalle di Gramigni si piazz&ograve; Capirossi, che conquist&ograve; il suo secondo titolo mondiale, e terzo fu Debbia, a soli due secondi dal compagno di squadra. Alessandro Gramigni fu anche, nel 1992, il primo campione del Mondo in sella all&rsquo;Aprilia. La ottavo di litro veneta conquist&ograve; in questa classe 20 titoli: dieci per piloti e dieci per costruttori. &nbsp; 500-MotoGP  L&rsquo;Aprilia a partire dal 1994 tent&ograve; anche la scalata alla classe 500, fino al 2001 classe regina del Motomondiale. Seguendo il progetto dell&rsquo;ingegner Jan Witteveen, partecip&ograve; con una bicilindrica derivata dalla 250 e portata in pi&ugrave; fasi alla cilindrata piena di mezzo litro. Puntava sulle maggiori doti di leggerezza e maneggevolezza rispetto alle quattro cilindri, ma non centr&ograve; l&rsquo;obiettivo pur avvicinandosi ripetutamente. Il primo podio fu raggiunto da Doriano Romboni con il terzo posto nel GP Olanda 1997, lo stesso risultato lo ottenne nel 1999 Tetsuya Harada in Francia e in Inghilterra, imitato l&rsquo;anno dopo da Jeremy McWilliams, terzo in Italia e ancora in Inghilterra. Poi venne la MotoGP e l&rsquo;Aprilia scese subito in campo con la RS3 Cube, una sofisticata tre cilindri che non riusc&igrave; mai a stabilire un accordo fra motore e ciclistica, risolvendosi in un nulla di fatto che port&ograve; la Casa veneta a ritirarsi alla fine del 2004. Il ritorno nel 2015 con la RS-GP V4 &egrave; culminato con la vittoria nel GP Argentina 2022. Polvere di Stelle: la dinastia Caldarella       

Il trionfo in MotoGP in Argentina ha ricordato altre imprese con cui la Casa ruppe il ghiaccio: dal successo di Reggiani a Misano al titolo di Gramigni

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